Doping, la Russia si difende: mancano le prove
Doping, la Russia rischia grosso. È il rapporto choc di una commissione indipendente istituita dalla Wada (Agenzia mondiale antidoping) il motivo della richiesta inoltrata alla Federazione mondiale di atletica di escludere la Russia da tutte le competizioni internazionali. Alle porte ci sono i Giochi di Rio 2016 e gli atleti russi rischiano di essere costretti a seguirli da casa. La Russia intanto respinge ogni accusa.
Nel corposo rapporto (323 pagine), frutto di indagini durate 11 mesi, è possibile leggere, tra le motivazioni addotte alla richiesta poi inoltrata alla Iaaf, l’individuazione di “fallimenti del sistema che impediscono o diminuiscono la possibilità di un sistema antidoping efficace”.
Si tratterebbe di doping di Stato, dal momento che la commissione sopracitata, presieduta da Dick Pound, è arrivata ad ipotizzare il coinvolgimento nella faccenda del governo russo. Quest’ultimo si sarebbe anche avvalso dell’aiuto dei servizi segreti. Non solo: le accuse riguardano anche la gestione dei Giochi invernali di Sochi tenutisi nel 2014. Il Governo russo, in quel caso, avrebbe controllato il laboratorio di Mosca. Si parla addirittura di “intimidazioni dirette” nei confronti dello stesso laboratorio.
L’esplicita richiesta inviata alla Wada invita a dichiarare la Russia “non conforme al codice mondiale antidoping e che la Iaaf sospenda la federazione da tutte le competizioni finché tutto non sarà chiarito”.
Le prove di un coinvolgimento dello Stato russo, al momento, non ci sono. La commissione però aggiunge “sarebbe ingenuo pensare che tale sistematicità possa essere avvenuta senza la tacita o esplicita approvazione” degli organi di Stato.
Il caso più recente è quello delle cinque squalifiche per doping del 5 novembre: tra questi la maratoneta Maria Konovalova. Il più eclatante senz’altro è quello dei marciatori al Mondiali di Pechino: solo un partecipante risultò negativo ai controlli antidoping.
La federazione russa, per voce del presidente ad interim Vadim Zelechenok, rimanda alla riunione Iaaf di novembre la discussione di una qualsiasi sospensione. E aggiunge: “Dovrà essere dimostrato che le violazioni erano colpa della federazione e non dei singoli atleti”.
Il ministro dello Sport russo, Vitaly Mutko, respinge al mittente ogni accusa ribadendo l’assenza di prove. Inoltre, aggiunge: “La commissione non ha il diritto di sospendere nessuno”. Parole a cui fanno eco quelle del capo dell’agenzia federale medico-biologica russa, Vladimir Uiva: “Non c’è alcun motivo di privare i nostri atleti delle medaglie, anche olimpiche, o di squalificarli”.
Intanto l’Australia si è schierata al fianco della Wada. Il numero uno della Federazione atletica australiana, Phil Jones, alla radio Abc ha detto: “Considerato il tempo tra oggi e i Giochi di Rio, è molto difficile che la Russia possa fare chiarezza entro la metà del prossimo anno”.