Anche l’Atlético Madrid cede al neoliberismo: il connubio di lacrime e business
L’ultima vittima della svendita della tradizione, della storia, dei simboli di una comunità intera, è l’Atlético Madrid. La Rojiblanca gioca da 50 anni al Calderón, dal lontano 1966. Sulle sponde del Manzanarre, si sono consumati i più sentiti miracoli calcistici della Capital. Miracoli e drammi, certo. Uno stadio che ha accolto – durante la sua storia – milioni di spettatori e generazioni di aficionados colchoneros hanno riempito quei seggiolini bianchi, rossi e azzurri. Dalla prossima stagione, però, quello stadio sulle sponde del fiume non sarà più la casa della Rojiblanca. Il Calderón, che aveva rilevato il testimone allo storico stadio Metropolitano (casa dell’Atletico dal 1923 al 1966), va in pensione dopo mezzo secolo di onorato servizio. Il battesimo della nuova cueva dei biancorossi, però, ha generato immediatamente una gran serie di polemiche.
Il nuovo stadio si chiamerà Wanda Metropolitano, almeno per i prossimi 10 anni
Pochi giorni fa, il presidente dell’ Atlético Madrid, Enrique Cerezo, ha ufficializzato il nome del futuro stadio della Rojiblanca: la “Peineta” (attualmente uno stadio di atletica leggera) si chiamerà Wanda Metropolitano. Il gruppo cinese – che già detiene il 20% della seconda squadra più blasonata di Madrid – avrà l’onore di porre il suo nome a caratteri cubitali affianco all’appellativo di Metropolitano, ricordo del primo stadio dei biancorossi. Il costo di questa partnership si aggira sui 50 milioni di euro totali (5 milioni all’anno per un minimo di dieci).
Il nome, come detto, ha suscitato un vespaio di polemiche. L’ennesimo colpo a un calcio sempre più lontano dai valori che lo sostenevano in passato. I simboli sono alla mercè del miglior offerente e, negli ultimi anni, è cresciuto enormemente il valore economico delle sponsorizzazioni. È la legge del mercato e del business che sovrastano l’ideale calcistico intriso di passione e abnegazione per i colori, per lo stemma, per tutto ciò che esso rappresenta. In definitiva, il calcio moderno inteso come pure business porta dalla sua parte una squadra ricca di storia come quella dell’Atletico. La afición ha reagito con forza innanzi allo smacco della dirigenza.
Atlético Madrid: tra lacrime, business e sogni di gloria
La squadra del compianto Luis Aragonés (a cui, in un principio, si sarebbe dovuto dedicare lo stadio) vive uno dei primi momenti di crisi dell’epoca Simeone. Il Cholo e i suoi sono in crisi di risultati. Orfani della saracinesca Oblak (messo K.O. da una lussazione alla spalla nell’ultimo incontro di campionato), l’Atlético si accinge a vivere un inverno durissimo. L’ Atlético Madrid ci ha già abituati a rimonte eccezionali e grandi imprese, nonostante il budget decisamente limitato rispetto alle due fuoriserie, Real Madrid e Barcellona. Ciò nonostante, l’Atlético è riuscito a conquistare titoli importanti e a giocarsi, da underdog, le proprie carte.
E proprio lì, probabilmente, che risiede la magia di questa squadra operaia. L’Atlético, rispetto agli altri due mostri sacri del calcio spagnolo e mondiale, basa la sua forza sul gruppo, non sui singoli. La filosofia di gioco del Cholo, in questo senso, prevede un gioco realmente corale. Tutti devono dare il massimo e oltre. L’insegnamento è che attraverso il duro lavoro – sia su se stessi che come squadra – tutto è possibile. Questa filosofia cozza prepotentemente contro la logica individualista e l’acquisto da copertina. L’ Atlético Madrid riuscirà a mantenere la propria anima operaia e popolare, nonostante le mire globaliste della società e dei suoi sponsor?
L’Atlético cambia anche stemma
Per dare un ulteriore segnale del cambio storico a cui va incontro il club, la dirigenza ha fatto disegnare un nuovo stemma (escudo). Neanche questa scelta, dopo la decisione di concedere al nuovo stadio il nome di ‘Wanda’, è stata apprezzata dai tifosi. Gli hinchas si preparano alla protesta contro la dirigenza e hanno già cominciato a raccogliere le firme per chiedere di mantenere lo stemma attuale. Il motto della rivolta è “il sentimento non si vende, né si compra”: el sentimiento ni se vende, ni se compra.