La strana parabola di Lorenzo Insigne. Qualche anno fa i paragoni si sprecavano, poi nel corso dell’inizio di questo 2019 era diventato quasi un oggetto misterioso, tra contestazioni dei tifosi e prestazioni in campo non all’altezza del suo talento.
Ora sembra che il pericolo sia rientrato e – dopo le tante voci di cessione – lo scugnizzo è tornato al centro del progetto napoletano. Ha parlato oggi ai microfoni di Radio Kiss Kiss ed è tornato anche appunto sui fischi di qualche tempo fa che i suoi tifosi e concittadini gli hanno riservato: “Ci rimango male perché sono napoletano, ma non solo a me, non bisogna fischiare i giocatori, noi in campo diamo sempre l’anima e questo a volte non viene percepito“.
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Le parole di Insigne
L’attaccante partenopeo ha così parlato di fascia da capitano e maglia numero dieci: “Anche senza la fascia ho sempre avuto tante responsabilità, ci si aspetta tanto da me, sono il primo a stare male se il Napoli non vince. Lo so che la dieci l’ha portata il giocatore più forte al mondo, ho fatto la scelta del numero per una dedica a mia moglie, e non ho intenzione di cambiarla“.
Non potevano mancare le parole sul suo ex allenatore Maurizio Sarri e sugli obiettivi stagionali: “A tutti dispiace che Sarri sia andato alla Juve ma è una sua scelta, ora cercheremo di batterlo. A me e agli altri ha dato tanto. Lo scudetto è il sogno di tutti, gli altri anni ci siamo andati vicini e poi ci siamo rimasti malissimo. Se giochiamo uniti tutti insieme possiamo mettere in difficoltà chiunque, ma ci sono anche gli avversari e sarà sempre difficile. La promessa che posso fare è che con i compagni lottiamo fino alla fine per l’obiettivo. Sarri all’inizio non è mai partito benissimo. Lì ci sono grandi campioni, proveremo a metterli in difficoltà“.
Invece sul suo attuale allenatore Ancelotti, dice: “Ancelotti ci sta dando tanto, è un allenatore internazionale, non lo dico io ma i numeri e quello che ha in bacheca. Bisogna seguirlo, poi siamo noi a scendere in campo, dobbiamo essere bravi a prendere le sue idee e trasformarle in campo“.