Qualche settimana fa sono stati Fernando Torres e Wesley Sneijder, la scorsa primavera Petr Cech, Xavi e Arjen Robben. Oggi invece è toccato a Samuel Eto’o. Il Re Leone è l’ultimo della lunga lista ad aver deciso di appendere gli scarpini al chiodo, ritirandosi così di fatto dal calcio giocato. L’annuncio è arrivato tramite i social, a seguito di una decisione presa dopo oltre vent’anni di carriera professionistica.
A 38 anni anche l’attaccante camerunese va in pensione, dopo essere stato uno dei migliori attaccanti – e più in generale giocatori – di questa prima parte di secolo.
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La leggenda Eto’o
Per descrivere la sua avventura nel mondo del calcio basta qualche numero, a testimonianza della grandezza di Eto’o. Oltre 400 gol in carriera tra club e nazionale, corredati da 19 titoli di squadra fra i quali anche la storica medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi di Sidney nel 2000.
Mister Triplete è stato uomo dei record grazie ai due Treble vinti – peraltro di fila – con il Barcellona nel 2009 e l’Inter nel 2010, l’unico a riuscirci sino ad oggi. Lo abbiamo potuto ammirare dunque anche in Italia, dove con i nerazzurri ha toccato il punto più alto della sua carriera.
Real Madrid Castilla, Leganés, Real Madrid, Espanyol, Maiorca, Barcellona, Inter, Anzhi, Chelsea, Everton, Sampdoria, Antalyaspor, Konyaspor e Qatar SC le sue maglie oltre ovviamente a quella più importante, quella della nazionale del Camerun, con cui è tuttora il miglior marcatore nella storia della nazione con 56 reti, 18 delle quali messe a segno in Coppa d’Africa, altro primato imbattuto.
Ma Eto’o è stato questo e tanto altro. Con Didier Drogba ha fatto vivere un’epoca d’oro al calcio africano, giocato quattro mondiali (il primo nel 1998) e vinto inoltre una ventina di premi personali, tra cui il Pallone d’Oro del Continente Nero per quattro volte.
Con il suo addio ci si rende conto della fine sempre più vicina di un’epoca mitica calcisticamente parlando, caratterizzata da tantissimi personaggi che hanno animato in lungo e in largo gli stadi e i cuori di tutto il mondo. In attesa di vederlo nuovamente su un campo di pallone, magari nelle vesti di allenatore, strada scelta da tanti suoi colleghi di un’era che forse non tornerà più.