Premio Nobel Medicina 2019: il prestigioso riconoscimento è stato assegnato agli scienziati William Kaelin, Peter Ratcliffe e Gregg Semenza “per le loro scoperte su come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno”.
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Premio Nobel medicina: chi sono gli scienziati vincitori?
William Kaelin è nato nel 1957 a New York e lavora all’Howard Hughes Medical Institute e ad Harvard, anche il classe 1956 Gregg Semenza è nato nella Grande Mela, oggi insegna alla Johns Hopkins University di Baltimora. Sir Peter Ratcliffe, nato nel 1954 a Lancashire nel Regno Unito, è il direttore della Clinical Research at Francis Crick Institute di Londra e insegna a Oxford. Traduzione per i non addetti ai lavori: si parla del meglio del meglio che l’attuale ricerca in campo medico può offrire. Tuttavia non basta il curriculum per vedersi assegnare il premio più prestigioso a cui può ambire uno scienziato.
Dunque, perché proprio loro hanno meritato il premio Nobel per la medicina 2019? Gli studi di Kaelin, Ratcliffe e Semenza si sono concentrati sull’individuazione dei meccanismi che regolano, a livello molecolare, l’attività dei geni a seconda della quantità di ossigeno di cui possono disporre le cellule del nostro organismo. Dunque, le loro ricerche hanno illustrato come cambiano le funzionalità e il metabolismo dei vari tipi di cellule al variare, appunto, dei livelli di ossigeno.
Perché i loro risultati sono così importanti?
L’ossigeno è un elemento fondamentale per la vita umana e non solo: l’ossigeno viene utilizzato dalle cellule grazie ai mitocondri e i livelli di ossigeno sono regolati da alcuni enzimi. In pratica, le cellule hanno continuamente bisogno di ossigeno e, a seconda della sua disponibilità, cambiano il proprio metabolismo come, per esempio, quando si fa attività sportiva e i livelli di ossigeno nell’organismo diminuiscono velocemente.
Ora, da decenni si è scoperto che in alcuni tessuti si concentrano delle cellule “specializzate” nel monitoraggio dei livelli di ossigeno che comunicano direttamente col cervello (venne assegnato il Premio Nobel 1938 per tale scoperta). D’altra parte, l’ipotesi degli studiosi era che il meccanismo fosse sistemico, non solo concentrato in alcuni tessuti, e tra l’altro coinvolgesse vari tipi di cellule. È stato Kaelin a completare le ricerche di Ratcliffe prima e Semenza poi (si erano concentrati sul funzionamento dell’ormone eritropoietina che determina un aumento della produzione dei globuli rossi deputati principalmente al trasporto dell’ossigeno): per semplificare moltissimo, ha identificato il comportamento di un gene che in base alla presenza e alla composizione di uno specifico complesso proteico, che a sua volta varia a seconda della quantità di ossigeno, impone alle cellule un adattamento del proprio metabolismo.
I risultati degli studi dei tre scienziati, insomma, hanno fatto luce su un processo complicato finora pressoché ignoto, quindi, si potrebbero rivelare fondamentali nello studio di moltissime patologie che coinvolgono il metabolismo cellulare (dall’anemia agli ictus, ai traumi in generale ma le applicazioni passano anche per l’allenamento e l’adattamento in alta quota). Tra queste anche il cancro, l’ambito di ricerca principale di Kaelin: alcuni tipi di tumore, infatti, si riproducono proprio andando a modificare il metabolismo delle cellule.
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