Palermo: Quarto Potere torna al cinema. Di cosa parla il classico
Ieri, lunedì 21 ottobre, mentre le sale in giro per Palermo proiettavano Once Upon a Time in Hollywood, Joker e Ad Astra, a Piazza Verdi, lo storico “bi-sala” Rouge et Noir, proiettava – in lingua originale – quello che viene ancora oggi considerato uno dei migliori film della storia del cinema: Quarto potere (Citizen Kane), scritto, diretto, prodotto e interpretato da Orson Welles. Il Rouge et Noir da anni sceglie di offrire al pubblico settimanalmente la visione di film che hanno segnato la storia del cinema: Stand By Me, Apocalypse Now, Ladri di biciclette, Easy Rider, sono solo alcuni dei film proiettati ogni lunedì sia in versione doppiata (alle 18), sia in lingua originale (alle 21), garantendo anche una presentazione del film in questione, tenuta da conoscitori e professori di cinema. Il tutto offerto a un prezzo insignificante, per incoraggiare ragazzi e adulti. Il prezzo del biglietto per lo spettacolo del cosiddetto Supercineclub, è di 3 euro per gli under 30 e 4 per gli over.
Quarto Potere, la recensione: può una parola definire l’esistenza di un individuo?
«Rosebud». È con le sue ultime parole che conosciamo Charles Foster Kane, protagonista presente-assente del film Quarto Potere. La notizia della sua morte è l’evento del giorno.
Welles comincia a riversare una notevole quantità di informazioni sullo spettatore disorientato: dalla desolazione del letto di morte del magnate, passiamo a un notiziario che ripercorre freneticamente i momenti salienti della vita pubblica di Kane. Notiziario in cui appaiono già ora diversi lati dell’uomo: prima comunista, poi nazista, dopo americano e nel frattempo politico. Il notiziario finisce, altro sbalzo, ci ritroviamo nella stanza dove è stato proiettato: osserviamo un gioco di luci e ombre che verrà riproposto nel corso della pellicola. Qui il direttore del cinegiornale incarica il reporter Thompson di dare un significato a tutte quelle informazioni, cercando un senso alle ultime parole di Kane. Ha inizio il film. Attraverso le azioni del giornalista cominciamo a conoscere Kane, grazie alle testimonianze di chi ha vissuto con quell’uomo misterioso. Man mano che il puzzle della trama si compone, ci rendiamo conto che qualcosa sfugge alla comprensione: nessuna informazione su questa Rosebud; per sapere chi o cosa sia, occorrerà un estraniamento dall’indagine di Thompson, per poi svelarci che la verità è sempre stata sotto i nostri occhi.
Citizen Kane è la storia di un uomo che è stato strappato alla sua vita, dalla sua casa sulla neve, per vedersi assegnare un banchiere come tutore. È la storia di un individuo e del suo cambiamento: «Io darò agli abitanti di questa città un quotidiano che pubblicherà tutte le notizie importanti con onestà… lo darò anche al pubblico un giornale pronto a combattere a tutela dei loro diritti di cittadini e di esseri umani […] Che penserà la gente Mr. Kane? Quello che dico io!» O forse Kane è solo la personificazione del fatto che un uomo possa essere tutto e niente, angelo e demone.
Alla fine Thompson si arrende, affermando come non sia possibile giudicare un uomo dalle sue ultime parole, e come non sia facile a priori. Qui avviene il commiato tra lo spettatore e il reporter, che si allontana dalla scena; ma mentre il secondo non saprà mai a cosa Kane abbia dedicato gli ultimi istanti dei suoi pensieri, lo spettatore segue il movimento di macchina, che, dopo una panoramica cittadina su quanto ha cumulato il magnate dentro le segrete di Xanadu, si sofferma su una vecchia slitta gettata tra le fiamme, sulla cui targhetta si legge il nome Rosebud.
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Il linguaggio della ripresa e l’espressività delle immagini
«No trespassing»; con il cartello inquadrato all’inizio del film Quarto Potere, Welles comunica da subito il destino dello spettatore: vietato l’ingresso. Entreremo, sì, nella vicenda, ma con gli stessi occhi del reporter e delle persone che lo hanno conosciuto. Non potremo mai comprendere del tutto il suo essere. D’altronde lo stesso Welles disse «Non credo che nessuna sequela di immagini possa con-chiudere la vita di un uomo». Ciò a cui dedica particolare attenzione il regista, a ogni modo, è forzare i limiti del visivo, comprimere le immagini il più possibile, per conferire (forse) maggior grandezza, maggior “mostruosità” a Kane.
Inquadrature come quella di Susan Kane, sovrastata dall’ombra del marito durante il litigio sulla sua carriera da cantante danno un’idea della potenza espressiva delle immagini sostenuta da Welles. A mano a mano che la storia prende forma, la figura di Kane acquista grandezza, dimensioni titaniche – anche visivamente, grazie a continue riprese dal basso verso l’alto – fino al suo apogeo con Xanadu, in cui vediamo il titano scatenarsi alla notizia della separazione dalla moglie. Tutti gli oggetti nella stanza diventano vetro, fragili, gracili al suo passaggio. Devasta e distrugge tutto, tranne una sfera di cristallo, con dentro della neve e un paesaggio natalizio che, scopriremo, ricollega alla slitta con cui giocava da bambino. Ed ecco che la belva torna uomo. Inerme, sconfitto, stanco, si rintana nella sua stanza, mettendo in tasca quel pezzo di purezza che ancora gli rimane.