Il petroliere arriva su Netflix – un discorso sul film
Il petroliere (There will be blood) è un film del 2007, tratto dall’omonimo romanzo di Upton Sinclair e scritto, diretto e co-prodotto da Paul Thomas Anderson. La pellicola è ora disponibile su Netflix, un’occasione importante per chi non ha ancora visto questa pietra miliare del cinema.
Quando un autore ha piena libertà espressiva, il prodotto della sua opera promette sempre peculiarità. Certe volte ottenendo un riscontro minore dal punto di vista commerciale, altre invece collimando i gusti del pubblico con la versione proposta. È questo il caso del dramma Il petroliere, vincitore di due Premi Oscar (Miglior attore protagonista per Daniel Day-Lewis e Miglior fotografia per Robert Elswit) e dell’Orso d’Argento di Berlino per la Miglior regia.
Il Petroliere: breve trama del film
1898, Daniel Day-Lewis è Daniel Plainview, un minatore d’argento che scopre un giacimento di petrolio. Fondata una sua compagnia, vede morire uno dei suoi operai – padre di un bambino che Plainview decide di far passare per suo. Anni dopo vediamo l’ormai navigato petroliere in compagnia del bambino che viene avvicinato da Paul Sunday (Paul Dano) Questi lo informa circa un giacimento nella zona della sua proprietà.
Plainview si reca nel luogo indicatogli con il figlio e, appurata la presenza effettiva del petrolio, ottiene in concessione il terreno dopo una trattativa con Eli Sundays (interpretato dallo stesso Paul Dano) e avvia la sempre più spasmodica e maniacale ricerca del lavoro perfetto, del primato.
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There will be blood – uno sguardo sul film
Chi è Daniel Plainview? Durante i primi dieci minuti del film, solitamente utili alla presentazione di ciò che sarà la pellicola e per interessare il pubblico, osserviamo il protagonista da solo, in silenzio – fatta eccezione per qualche imprecazione ed esclamazione – in procinto di scoprire un giacimento di petrolio. Un silenzio comprensibile visto il lavoro che sta svolgendo – infatti gli unici suoni che riecheggiano sono quelli degli esplosivi e del piccone – ma che serve a dare una prima immagine di quest’uomo. Le prime scene in questo caso non descrivono l’anima del film in sé, ma quella di Daniel Plainview dentro una buca, “immerso” nel petrolio e da esso circondato anche al di fuori dei pozzi. È, infatti, proprio durante l’esplosione di gas che provoca la sordità del figlio, che osserviamo lo sguardo selvaggio del petroliere, quasi a suo agio ricoperto dall’oro nero.
«C’è un oceano di petrolio lì sotto. E nessun altro può prenderselo a parte me»
Al di fuori della buca, pulito e ben vestito, l’uomo viaggia insieme al figlio preso con sé per presentare l’impresa come attività di famiglia, ma a cui presto si affeziona. Perché Plainview non è solo l’uomo alla cieca ricerca del giacimento più grande, misantropo e privo di affetti. Un mezzo primo piano dall’alto, in particolare, inquadra il padre abbracciato al figlio, mentre cerca di calmarlo dopo l’incidente, mostrando il lato più umano del protagonista mentre accarezza l’inconsolabile bambino. Ma dentro l’uomo alberga il petrolio.
«Io sono competitivo di natura. Non voglio che gli altri abbiano successo»
È con queste due affermazioni che circa a metà film – illuminato dalla sola luce del fuoco scoppiettante – egli si apre a Henry, impostore presentatosi come suo fratello. A suo agio, tra il nero dell’oscurità, interrotto unicamente dalla purezza delle fiamme, Plainview afferma di odiare la maggior parte delle persone e di voler guadagnare abbastanza per allontanarsi da tutti.
E così fa: rendendosi conto del peso che comporta la responsabilità del figlio sordo, lo allontana, mandandolo da qualcuno in grado di aiutarlo. Egli deve trivellare, non accettando accordi, anche se milionari in grado effettivamente di dargli quella possibilità di isolamento tanto agognata. La sua ambizione supera il denaro, è un’ossessione, che lo porta minacciare e – infine – a uccidere. Non è più la personificazione del capitalismo americano. È un uomo mosso dalla folle e solitaria ricerca della supremazia.
Il Petroliere: il dualismo Daniel – Eli
Ma l’anima in sé del film, uno dei fuochi ardenti dell’ossessione del protagonista è rappresentato dall’opposizione con Eli, Pastore della Chiesa della Terza Rivelazione. Daniel Day-Lewis e Paul Dano si rendono protagonisti di una recitazione straordinariamente versatile. Un dualismo che raggiunge intensità e tensione da thriller. Se in una prima scena Plainview umilia Eli, sbattendolo per terra in quella che sembra una miscela tra fango e petrolio, in un’altra scena è il Pastore a vezzeggiare il petroliere, umiliandolo davanti ai fedeli della Chiesa. Comprendiamo presto come il Prete non sia e, soprattutto, non senta di essere lui stesso, il salvatore che si profila. L’interazione tra i due rivela il peggior lato di entrambi, cumulando sempre più tensione, fino all’ultimo incontro, l’ultimo dialogo, l’ultima sfida mentale, in cui Plainview prevale tanto psicologicamente quanto fisicamente, rimanendo poi seduto accanto al corpo inerme di Eli.
«Ho finito»
Non è affare semplice dire cosa renda Il petroliere il film tanto apprezzato e riconosciuto. Si tratta forse, sulla base di sensazioni, della perfetta sinergia di attori e membri della troupe e del viaggio introspettivo nell’animo tanto del protagonista – visto il poco tempo concessogli – quanto di Eli, e dal modo in cui la vera natura dei due personaggi si scopra per differenza e interazione tra di essi. La fotografia di Robert Elswit, inoltre, rappresenta visivamente l’animo del protagonista, sfruttando fuoco e buio per creare un’estatico gioco di luci e ombre, evidente nella scena dell’esplosione di gas del pozzo.
Il montaggio di Dylan Tichenor, le musiche di Jonny Greenwood – insieme all’accurata scelta dei silenzi – e la scenogragia di Jack Fisk, calano ancor di più lo spettatore in mezzo a quel petrolio in cui sguazza Daniel Plainview, garantendo un effetto di estraniamento non più scontato durante la visione di film – che sarebbe bello rivedere nelle sale.