L’ufficiale e la spia – lo scandalo dall’interno. La recensione.
L’ufficiale e la spia (J’accuse) è un film diretto da Roman Polanski e da lui sceneggiato con l’aiuto di Robert Harris, autore dell’omonimo romanzo da cui è tratta la storia. La pellicola, premiata con il Gran premio della giuria alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, racconta l’Affaire Dreyfus, scandalo francese che catalizzò l’attenzione della comunità internazionale tra la fine del 1800 e l’inizio del 900.
L’Affaire Dreyfus – il bordereau
Settembre 1894
Madame Bastian, impiegata delle pulizie in incognito per conto dell’Ufficio di Statistica, consegna il contenuto delle sue intercettazioni al Maggiore Henry. Egli individua in un biglietto, chiamato bordereau, la prova della presenza di un traditore all’interno dell’esercito. Si avvia un’indagine, fondata principalmente su questa fragile prova, che termina con l’arresto del capitan Alfred Dreyfus, a opera del maggiore Armand du Paty de Clam. È quasi certo che Dreyfus sia stato accusato per via di origini e razza, in quanto alsaziano ed ebreo; a nulla è valsa la sua impeccabile carriera nell’esercito e la sua rispettabilità all’interno dello stesso. Il 5 gennaio 1895 Dreyfus viene pubblicamente degradato nel cortile della Scuola Militare, mentre sostiene a gran voce la sua innocenza. Viene poi esiliato nell’Isola del Diavolo, dove resterà fino al 1906. Il vero autore del bordereau, nonché spia coperta dallo stesso Stato che ha tradito è Ferdinand Walsin Esterhazy.
L’Affaire Dreyfus è importante per via della sua gravità e come manifestazione di antisemitismo e discriminazione precedente al periodo nefasto della seconda guerra mondiale, ma è altresì importante anche per il ruolo che la stampa e gli intellettuali in generale ebbero tanto nell’ostacolare, quanto e soprattutto nel sostenere la causa del capitano alsaziano. Se il ruolo del Tenente Colonnello Picquart è stato fondamentale nella lotta a favore della vittima di questo crimine giudiziario, non sarebbe comunque valso a nulla, se non a provocare semplicemente la sua stessa incarcerazione, senza l’intervento di scrittori come Bernard Lazare ed Emile Zolà, o editori come Georges Clemenceau, grazie ai quali lo scandalo raggiunse risonanza internazionale.
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L’ufficiale e la spia – trama del film
1985 – il capitano Georges Picquart (Jean Dujardin) assiste alla pubblica degradazione del suo ex allievo. Egli viene nominato capo dell’Ufficio informazioni dello Stato Maggiore. Grazie alle informazioni cui può entrare in possesso, comprende come il capitano Alfred Dreyfus sia stato accusato sulla base di prove insufficienti e falsificate e viene a conoscenza dell’identità della vera spia. Nonostante non simpatizzi per la “razza ebrea”, in quanto militare e uomo onesto di saldi principi, rischia la propria carriera e la propria vita per provare l’innocenza di un uomo.
Polanski racconta l’Affaire focalizzandosi sul ruolo del Ten. Colonnello Georges Picquart. Come detto, egli svolse un ruolo fondamentale nella battaglia che seguì la scoperta dell’innocenza del capitano. Nel film notiamo come il generale Mercier, il generale de Boisdeffre e il generale Gonse, pur a conoscenza della realtà de fatti, avvallino l’errore giudiziario commesso, per non compromettere la serietà e l’integrità pubblica dell’esercito.
La pellicola in sé riesce, non c’è alcun’ombra di dubbio. Se l’obiettivo principale era quello di focalizzarsi su Picquart e dare uno sguardo allo scandalo dall’interno, osservando da vicino i colpevoli, allora il risultato non può che essere soddisfacente. La storia interessa, emoziona e non annoia, e la visione è consigliata anche a chi non conosce la vicenda raccontata. Polanski ed Harris hanno infatti il merito di riuscire a rendere una storia lunga, macchinosa e intricata, fluida e intrigante, sfruttando le sfaccettature da thriller e spionaggio, temi già naturalmente presenti nello scandalo. Una fotografia pulita (Paweł Edelman) e un montaggio elegante (Hervé de Luze), accompagnano lo spettatore nel corso degli eventi, portandolo a immergersi nell’indagine insieme al colonnello Picquart.
Ciò che lascia l’amaro in bocca è il poco minutaggio dedicato a intellettuali e individui che dal di fuori dell’esercito hanno permesso allo scandalo di diffondersi. Parliamo del fratello del condannato, Mathieu Dreyfus e soprattutto di Bernard Lazare – assente nel film – primo intellettuale a impegnarsi a favore di Dreyfus con l’opuscolo Un errore giudiziario.
Ovviamente va ribadito come il punto di vista adottato sia stato quello di un membro dell’esercito e di conseguenza lo sguardo che vi viene concesso non può che mettere a fuoco solo una parte degli elementi e delle figure coinvolte. Inoltre, Polanski regala una scena ricca di pathos, in cui il J’accuse, lettera di denuncia scritta da Zolà al Presidente della Repubblica Felix Faure, viene letta dai personaggi accusati dallo stesso, dando un assaggio del crescendo anaforico pregnante di carica simbolica dell’editoriale.
L’Ufficiale e la Spia racconta comunque l’ingiusta accusa ai danni di un uomo onesto, che impotente si vede privato della sua vita e allontanato dalla civiltà: emozionante la recitazione di Louis Garrel, interprete di Dreyfus, che nonostante i pochi dialoghi riesce comunque a fornire una caratterizzazione importante e dignitosa al suo personaggio, in particolare quando questi viene pubblicamente degradato. Quale umiliazione peggiore per un militare decorato?
Forse il regista avrebbe potuto osare di più, aumentando il minutaggio per dare più spazio a fatti ed elementi trascurati, rischiando però di annoiare o di uscire dal focus del film: l’impegno di un uomo, il suo coraggio nel lottare seguendo la propria morale, nonostante il suo stesso sistema di valori sia la causa del crimine giudiziario che cerca di rivelare.