Il tagliagole – il macellaio di Claude Chebrol al cinema
Lunedì 25 novembre il Rouge et Noir di Piazza Verdi a Palermo, propone un altro classico proiettato in lingua originale: Il tagliagole (Le Boucher). La pellicola sceneggiata e diretta da Claude Chabrol nel 1970, appartiene alla corrente cinematografica della Nouvelle Vague, di cui il regista è uno dei fondatori.
Il tagliagole – Il titolo
La traduzione più corretta ai fini della stessa comprensione del film, sarebbe Il macellaio e non Il tagliagole.
Le Boucher adotta, infatti, una narrazione simile a quella di Hitchcock, anticipando sin da subito l’identità dell’assassino e quella di una delle sue probabili vittime: già dall’inizio della vicenda, in occasione del matrimonio, conosciamo Popaul, macellaio di professione.
Ciò su cui punta il regista è la suspense più duratura, l’ansia dell’attesa del delitto. Un po’ come la classica scena della bomba sotto al tavolo mentre due individui parlano: l’ansia è dovuta alla consapevolezza che tra un tot di minuti la bomba esploderà – il trucco sta nel non farla esplodere, conclude il regista di Psycho.
Un commento sul film
Lo spettatore è tenuto prima a contestualizzare, comprendere la normalità e la tranquillità del paesino di provincia – ambientazione molto amata dal regista. La stessa proprietaria del panificio, per quanto sconvolta dalla serie di omicidi in atto, ammette che almeno avranno qualcosa di cui parlare. Il film procede quindi lentamente, caricando le cartucce per il finale.
È subito evidente che il macellaio, l’assassino colpevole dei delitti sia Popaul: non scopriamo quasi nulla sulla sua vita, mentre ci viene data la possibilità di conoscere a fondo il personaggio di Hélène. Tra i due nasce presto una forte intesa, lei non vuole più amare, lui invece si invaghisce di lei. La storia si basa appunto sull’attesa: Hélène sarà la prossima vittima? Sembra che non ci siano dubbi al riguardo, soprattutto quando lei trova l’accendino che gli aveva regalato sulla scena di uno dei crimini compiuti dal killer e decide comunque di non denunciarlo. il loro rapporto diventa morboso, lei insofferente e ansiosa.
«Quando si sta sotto le armi per quindici anni ci sono due cose che non si riescono mai a ottenere perché non esistono: la logica e la libertà.»
Popaul è un veterano della guerra in Indocina. Molti sono i riferimenti al suo passato da soldato, ma forse questo è il più significativo, connesso anche al finale inaspettato.
Finale in cui Chabrol riesce a condensare ansia e suspense a livelli ben superiori rispetto alla prima parte della storia. Hélène teme per la sua vita e cerca di chiudersi al sicuro all’interno della scuola, mentre l’uomo tenta di farsi ascoltare e di parlarle. Qui ansia, tensione, suspense crescono, grazie a sequenze veloci e un gioco di luci e ombre contestuale.
Alla fine avviene il confronto. Egli spiega di non riuscire a controllarsi e dover affondare il coltello nelle carni delle sue vittime per vederne sgorgare il sangue. Vittima egli stesso di questo suo impulso si avvicina alla donna con il coltello nella mano destra. Dissolvenza sul volto di Hélène, convinta di star per morire, dissolvenza sul volto confuso e delirante di lui. Si accoltella, si uccide per non togliere la vita alla donna che ama.
Un lungo tragitto è quello che separa scuola dall’ospedale: la donna cerca di portarlo in salvo, sconvolta. Un lungo e lento tragitto, e lunghe sono le inquadrature che indugiano sul volto dell’uomo, che parla e sbianca sempre più, e sul volto della donna, che in silenzio guida mentre le lacrime le rigano il volto. Anche lei lo ama.
Disteso sulla barella in attesa dell’ascensore, Popaul alza il viso bianco di morte, chiedendo un bacio ad Helene. Il bacio e lo sguardo della donna sui pulsanti dell’ascensore sugellano la morte e, forse, la libertà raggiunta per l’uomo, che è riuscito a vincere se stesso e a non uccidere.
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Un thriller introspettivo
Chabrol crea un dramma intriso di elementi di noir e thriller, attenzionando ancora una volta l’orrore della guerra, l’animo del sopravvissuto, le conseguenze di ciò che ci è visto “laggiù”. Lo fa adottando uno stile di ripresa volto all’aumento della supense, ma che non riesce sempre nel suo intento. Ciò che riesce è invece l’introspezione psicologica del personaggio di Popaul, tormentato in cerca di amore: da subito capiamo come sia lui il colpevole dei delitti, ma notiamo anche il suo interessamento, poi sfociato in amore, per Hélène. Ripensandoci, la figura solitaria e tormentata dell’uomo reduce dalla guerra è la stessa che ritroviamo nei grandi film che hanno seguito la pellicola di Chabrol: Il cacciatore, Apocalypse Now – in minor parte – Taxi Driver e svariate altre pellicole.