Se il Pd riesce a perdere a … Siena
Pensi a Siena e ti viene in mente il Palio. Ma il Pd toscano, probabilmente, pensa a Siena e gli viene in mente il Monte dei Paschi e – subito dopo – un fortissimo mal di testa. Sì, perché il più vecchio istituto bancario italiano sta trascinando nel suo momento nero l’amministrazione comunale, con il ‘culmine’ toccato tra domenica 20 maggio e lunedì 21, con le dimissioni del sindaco Franco Ceccuzzi, già deputato democratico dal 2008.
Non un “lampo a ciel sereno”, tutt’altro. La decisione era nell’aria da tempo, manifesta dal 28 aprile scorso quando – sul decisivo voto per l’approvazione del bilancio consultivo del 2011 – la maggioranza andava sotto: 15 voti a favore e ben 17 contrari. I “frondisti” però non sono alleati scomodi di altri partiti, ma di quei 17 quasi la metà – sette – sono compagni (anzi, ‘amici’) dello stesso sindaco Pd, provenienti però dall’area della Margherita. Ma occorre fare un piccolo salto indietro e, come dicevamo all’inizio, in questa storia è determinante il fattore Monte dei Paschi.
Negli stessi giorni, infatti, l’istituto bancario senese sta attraversando uno dei momenti più bui dalla sua costituzione. I vertici di MpS, dopo essere stati duramente contestati da uno storico sciopero – non si verificava infatti da almeno un ventennio – dei colletti bianchi (durante il quale son stati anche affissi dei manifesti funebri per la banca), sono cambiati ad inizio mese. Via Giuseppe Mussari, presidente dall’aprile 2006 (ed autore di perdite di bilancio pari a 4,7 miliardi nel solo 2011), dentro Alessandro Profumo, già amministratore delegato del gruppo Unicredit.
[ad]Ma la situazione è elettrica. Il primo a “rimetterci” però, prima di Mussari – colpito, così come il gruppo Mps, da un’inchiesta della procura senese – è il direttore de “La Nazione”, Mauro Tedeschini, ‘reo’ di aver ospitato nel suo giornale una piccata lettera del sindaco Ceccuzzi nei confronti dei vertici Mps. Azione questa che pagherà con l’allontanamento dalla direzione ad opera dell’editore Andrea Riffeser. Contestualmente va in scena quello che sarà poi l’ultimo atto politico che farà cadere la giunta Ceccuzzi: la nomina del nuovo Cda della Fondazione Mps (che controlla il 36,5% della stessa banca), nominato per 13 elementi su 16 proprio da Comune e Provincia di Siena.
Proprio la lista dei nomi sarà il motivo del contendere tra i ‘margheritini’ ed il sindaco, ‘colpevole’ di non aver indicato per il Cda della Fondazione i membri suggeriti dal gruppo dei sette, molto vicini al presidente del consiglio regionale toscano, Alberto Monaci, considerato dal Pd senese il “regista politico della caduta di Ceccuzzi”.
Si arriva così all’epilogo odierno, alle dimissioni del sindaco che, prima di essere ancora sfiduciato e consegnare così la città del Palio ad un commissario, fa un passo indietro. Un movimento che ricorda tanto le vecchie querelle tra correnti democristiane, quando le fronde interne erano capaci di cambiare sindaci molto più rapidamente di cento opposizioni. A Siena è andato perciò in scena un remake del passato, proprio nel giorno dei ballottaggi che vedono un Pd vincente a metà. Metà nel futuro e metà fermamente ancorato alle abitudini del passato.