Ritenuta d’acconto: che cos’è e perchè è prevista? La finalità
Ritenuta d’acconto: che cos’è e perchè è prevista? La finalità
La ritenuta d’acconto potrebbe essere argomento abbastanza ostico per chi non si occupa giornalmente di norme fiscali, calcoli e percentuali varie. Ma d’altronde va versata, anche e soprattutto per contrastare l’evasione fiscale, nonostante essa – per chi lavora – costituisca, in concreto, un prelievo sui soldi in stipendio.
Vogliamo di seguito fare chiarezza sulla ritenuta d’acconto, stante la sua larga diffusione in una molteplicità di rapporti tra privati.
Ritenuta d’acconto: di che si tratta?
Chiariamolo subito: tra i vari metodi per la riscossione dei tributi di cui alle norme tributarie italiane, c’è la ritenuta d’acconto.
In buona sostanza, chi versa una somma – ossia il cosiddetto sostituto d’imposta, vale a dire il soggetto pubblico o privato che sostituisce in tutto o in parte il contribuente nelle relazioni con il Fisco, trattenendo le imposte dovute da compensi, salari, pensioni e redditi vari per versarle successivamente allo Stato – in alcuni casi previsti dalle norme fiscali, trattiene l’imposta sul compenso dovuto al privato, e la versa di seguito all’Erario, sostituendosi appunto al reale contribuente, che subisce di fatto il prelievo.
Pertanto, la ritenuta d’acconto è una vera e propria trattenuta Irpef (per i redditi delle persone fisiche) o Ires (in ipotesi di persone giuridiche, ossia le società) compiuta, sulle somme di denaro percepite, da parte dei datori di lavoro – sostituti d’imposta.
Perchè esiste la ritenuta?
Dovrebbe essere intuibile: come sopra accennato, finalità essenziale della ritenuta d’acconto, prevista dalle norme fiscali italiane, è far sì che colui che emette fattura, paghi l’Irpef.
In particolare, la cosiddetta imposta sul reddito delle persone fisiche consiste in un tributo quantificato proprio sul reddito annuale del lavoratore, applicando una percentuale che sale in relazione agli scaglioni di reddito, di seguito indicati, con le collegate percentuali di aliquota:
- da 0 a 15.000 €: aliquota del 23%;
- da 15.001 a 28.000 €: aliquota del 28%;
- da 28.001 a 55.000 €: aliquota del 38%;
- da 55.001 a 75.000 €: aliquota del 41%;
- oltre i 75.000 €: aliquota del 43%.
Si badi bene: la ritenuta d’acconto non è una quota di cui si può perdere traccia tra i calcoli e le percentuali in fattura, anzi diventa un acconto del contribuente ai fini Irpef.
E il ruolo del sostituto d’imposta è fondamentale. Infatti il citato acconto deve essere versato all’Erario dal sostituto d’imposta entro il 16 del mese successivo a quello di riferimento e dichiarato con modello F24. Incombenze pratiche, di natura fiscale, che gravano dunque su un soggetto diverso da quello a cui il prelievo fiscale, materialmente, si riferisce.
Lavoro autonomo e ritenuta: come funziona?
La ritenuta d’acconto è un fattore che riguarda tutti i lavoratori autonomi che hanno compiuto una o più prestazioni di natura professionale, giacchè sono tenuti all’applicazione di questo metodo di riscossione dei tributi. La prestazione in oggetto, in particolare, deve esser stata realizzata a favore di un committente, detto sostituto d’imposta.
Nel dettaglio, il calcolo ritenuta d’acconto va fatto in relazione ai compensi che seguono:
- cessione di diritti d’autore;
- cessione di opere di ingegno, brevetti e marchi;
- partecipazione agli utili di soci fondatori o promotori;
- prestazioni di lavoro autonomo abituale e occasionale;
- assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere.
Ricapitolando, la ritenuta d’acconto consiste in un anticipo imputabile alle imposte, per legge, dovute dal cd. percipiente. In buona sostanza, la percentuale che entra in gioco è, come suddetto, una trattenuta Irpef sui compensi, richiesta dai clienti con p. Iva. Tuttavia, i professionisti con regime forfettario o clienti privati costituiscono rappresentanti che non sono tenuti all’applicazione della ritenuta d’acconto.
Più nel dettaglio, tutti i contribuenti che hanno scelto il regime forfettario sono esonerati dell’applicazione della ritenuta d’acconto sulle somme incassate come compenso. Pertanto, il committente, in dette ipotesi, non troverà in fattura né la voce legata all’IVA, né alcuna dicitura di ritenuta d’acconto. Analogamente, il committente forfettario che si serve della prestazione di un professionista, non è tenuto a versare la ritenuta d’acconto al Fisco.
Concludendo, rimarchiamo che la ritenuta d’acconto si applica direttamente in fattura ed è pari al 20% del compenso totale in gioco. Laddove la prestazione professionale sia svolta da soggetti non residenti in Italia, la percentuale sale al 30%, se i guadagni sono percepiti in Italia.
SEGUI TERMOMETRO POLITICO SU GOOGLE NEWS
Hai suggerimenti o correzioni da proporre?
Scrivici a redazione@termometropolitico.it