Diritto alla disconnessione e smart working: verso una legge europea
Interessanti notizie arrivano da Strasburgo, dove è stata votata la richiesta di una normativa UE che assicuri ai lavoratori la possibilità di non essere reperibili al di fuori dell’orario di lavoro. Ma attenzione: il diritto alla disconnessione deve essere assicurato senza subire discriminazioni, critiche e licenziamenti o sanzioni di qualsiasi altro tipo.
Il Parlamento europeo mira insomma ad istituire una ulteriore tutela nei confronti di chi lavora, specialmente in regime di smart-working, divenuto negli ultimi mesi ben più diffuso che in passato, per le note ragioni connesse alla pandemia ed alle restrizioni conseguenti. Vediamo più da vicino.
Diritto alla disconnessione: serve una legge europea
Il Parlamento europeo ha assunto una posizione molto netta: richiede una legge comunitaria che finalmente garantisca ai lavoratori di tutti gli Stati membri UE, il diritto alla disconnessione digitale, senza rischi di ripercussioni negative da parte dei datori di lavoro pubblici o privati.
L’iniziativa legislativa ha avuto un largo consenso, essendo stata approvata con 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni: tramite essa, i deputati europei sollecitano la Commissione a mettere nero su bianco una normativa che permetta ai lavoratori che praticano lo smart working di disconnettersi dalle apparecchiature digitali usate per collegarsi all’azienda, se al di fuori dell’orario di lavoro.
La normativa, sempre secondo le intenzioni del Parlamento UE, dovrebbe altresì disporre i requisiti minimi per il telelavoro e fare definitiva chiarezza su condizioni, orari di lavoro e sui periodi di riposo. Insomma, tante le questioni sul tavolo, e ci si attende a breve le prossime mosse della Commissione europea.
Lo smartworking è in netta crescita: alcune cifre
C’è un dato interessante che va ricordato: dall’inizio della pandemia, il telelavoro ha avuto un balzo non indifferente, essendo aumentato di quasi il 30%. E detta percentuale potrebbe salire ancora.
Inoltre, secondo una ricerca effettuata in ambito UE, i lavoratori che sono in regime di smart-working hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste, rispetto a coloro che lavorano nella sede ‘fisica’ dell’azienda. Non solo: quasi il 30% dei telelavoratori dichiara di lavorare nel proprio tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana, a fronte di solo il 5% di coloro che lavorano abitualmente in ufficio.
I deputati UE hanno inoltre redatto una nota, che ben chiarisce qual è il punto di vista del Parlamento europeo sul tema del diritto alla disconnessione: “L’utilizzo sempre maggiore degli strumenti digitali a scopi lavorativi ha comportato la nascita di una cultura del ‘sempre online’ che influisce negativamente sull’equilibrio tra vita professionale e vita privata dei lavoratori. Nonostante il telelavoro sia stato determinante per tutelare posti di lavoro e attività durante la crisi di Covid-19, la combinazione di orari di lavoro prolungati e di maggiori sollecitazioni sui lavoratori ha visto crescere i casi di ansia, depressione, esaurimento e altri disturbi fisici e mentali. I deputati ritengono che il diritto alla disconnessione dovrebbe essere riconosciuto quale diritto fondamentale, per consentire ai lavoratori di astenersi dallo svolgere mansioni lavorative, come telefonate, email e altre comunicazioni digitali, al di fuori del loro orario di lavoro, comprese le ferie e altre forme di congedo”.
In sintesi, detto diritto alla disconnessione, essendo diritto fondamentale dell’individuo, andrebbe assicurato da una normativa europea ad hoc.
Gli accordi collettivi tra parti sociali possono essere una soluzione
Non solo la volontà dell’Unione Europea, ma anche e soprattutto i Paesi membri debbono impegnarsi e usare misure interne, per permettere ai lavoratori di far valere il diritto alla disconnessione dai dispositivi digitali, senza pericoli di ritorsioni da parte del datore di lavoro. Ecco perchè la UE incoraggia i vari paesi, Italia compresa, a muoversi verso accordi collettivi tra le parti sociali, che servano a mettere nero su bianco quel compromesso di tutela per i lavoratori, in tema di diritto alla disconnessione.
Concludendo, dovrebbe essere ben chiaro che l’Unione intende proteggere con forza il diritto alla salute di milioni di lavoratori europei, stremati dalla pressione di essere sempre connessi, e da orari esageratamente lunghi. Serve trovare un equilibrio tra innovazione digitale, smart working e diritto al benessere psicofisico di chi lavora da casa. Ecco il perchè della necessità di una norme guida a livello europeo.
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