Dietro l’immaginario piratesco c’è un pazzo, un idiota o un genio
Quando hai il cervello di una mosca ma la fortuna di un elefante: l’ennesimo esempio di come la Storia la fanno gli idioti.
Prima che la serie “Pirati dei Caraibi” diventasse una baracconata di CG senza senso, il primo film era una chicca con attenzione ai dettagli. Altrove ho già parlato del consulente nautico ingaggiato per lo scontro tra l’Interceptor e La perla nera, ma altri particolari sembrano essere passati inosservati sotto ogni punto di vista.
È prassi comune quella di vedere su schermo cose che immaginiamo siano verosimili, senza chiederci perché. Due esempi validi sono la padella per scaldare il letto di Elizabeth Swann e il gatto nero che scappa nel vicolo. Perché in effetti qualcuno potrebbe aver da ridire:
1) A che serve scaldare il letto ai Caraibi?
2) Come sono arrivati dei gatti su un’isola tropicale?
Sono entrambi degli inside joke, ma non li troverete spiegati da nessuna parte. Perché entrambi i dettagli sono veri, e sono entrambi figli di un americano pazzo di nome Timothy Dexter. Nato a Boston nel 1747 da un’umile famiglia di conciatori, la grande fortuna di Tim fu di essere oscenamente bello e ambizioso, cioè l’archetipo del fidanzatino per figlie di papà ribelli.
In questo caso, Elizabeth Frothingham.
Lei era figlia di miliardari e ansiosa di dimostrare le sue idee progressiste; sposò Tim rendendolo erede di un patrimonio spaventoso. Lui, però, ci mise del suo. All’epoca c’era la guerra d’indipendenza, e il Congresso Continentale aveva iniziato a stampare “dollari continentali” per pagare le proprie truppe. Ma tutti o quasi sapevano che si trattava di soldi ipotetici, che non avevano alcun riscontro con riserve auree. Erano una sorta di investimento: se vincevano la guerra, quei soldi sarebbero diventati veri. Altrimenti erano carta straccia.
Tim decise di comprare ogni singolo dollaro continentale pagandolo un quarto di penny.
Finita la guerra e con la nascita della Costituzione, il Congresso decise di onorare i debiti con le truppe, pagandoli l’1% del valore. Un dollaro continentale, quindi, valeva un penny. Tim ne aveva acquistati milioni, ed era appena diventato mostruosamente ricco. Ora doveva solo investirli di nuovo, e la prima idea gli venne quando incappò in una fabbrica di bracieri da letto. Stava chiudendo i battenti perché ormai tutti ne avevano una, e non si usurava facilmente.
Tim acquistò tutti gli invenduti e si domandò a chi potessero servire.
Essendo ignorante come una bestia e sprovvisto delle più elementari cognizioni geografiche, quando venne a sapere che ai Caraibi nessuno usava i bracieri da letto noleggiò tre chiatte, assunse dei venditori e li spedì ai Caraibi seduti su migliaia di bracieri, convinto sarebbero andati a ruba.
Una volta sul posto, i poveri piazzisti distribuirono dei campioni tra la popolazione indigena, convinti sarebbe stato un flop. E lo fu talmente tanto da fare il giro; la gente non aveva nemmeno pensato di metterci le braci dentro e poi nel letto. L’avevano direttamente usata per cuocere la melassa, che veniva straordinariamente bene.
In tre settimane l’intero carico va venduto.
Negli Stati Uniti Timothy deduce che ai Caraibi faccia un freddo atroce, così stavolta manda un bastimento di abiti pesanti, guanti di lana, cappotti e montoni. Appena il carico arriva al porto, dove la temperatura sfiora i 45° con umidità del 98%, incontrano un galeone di esploratori francesi disperati: stanno organizzando una spedizione in Siberia, ma i loro abiti sono pochi e inadeguati.
Appena scoprono cosa c’è nella chiatta di Timothy acquistano tutto a prezzi da europei, non caraibici. Tim è appena diventato talmente ricco da costruirsi una villa gigantesca in centro a Boston, e di portare il concetto di nani da giardino all’estremo: su ogni colonna della recinzione fa posare una statua – di legno – a grandezza naturale dei suoi idoli americani. È una tale cafonata che sua moglie decide di andare a stare altrove.
Gli interni, invece, sono normali.
«Scaldaletto, vestiti invernali…» riflette Tim «Cos’altro può servire ai Caraibi?»
I suoi sottoposti gli fanno presente che in realtà ha avuto solo una sconsiderata dose di fortuna, e che non è il caso di sfidarla ancora. La gente ai Caraibi vive per la stragrande maggioranza in miseria tra topi e scarafaggi. Tim non ha un minimo d’esitazione: ai Caraibi servono gatti. Sguinzaglia in giro per Boston squadre di ragazzini pagati a pasticcini con il compito di raccogliere quanti più gatti randagi trovano.
I bimbi eseguono il compito con la dedizione degli innocenti, e in meno di un mese le chiatte di Timothy pullulano di gatti. Dev’essere stata una scena memorabile vedere il loro ingresso in porto, ma tanto per cambiare sono un successo strepitoso: metà se li mangiano, l’altra metà fugge nella selva dopo 0.2 secondi, fondando una colonia felina che decima topi, insetti, uccelli e fa la gioia delle famiglie.
L’assurdo arriva dopo, quando incappa in un gigantesco invenduto di Bibbie. Le spedisce di corsa ai Caraibi, e quando i venditori domandano cosa dovrebbero farsene, lui risponde laconico: «Dite a ogni famiglia cattolica che hanno bisogno di una Bibbia o andranno all’inferno».
Tutte vendute.
I freddolosi e cattolici Caraibi non gli danno tregua. Preoccupato per la loro salute, Timothy acquista ingenti dosi di carbone per alimentare le loro stufe. Solo quando ha il carico i venditori riescono a convincerlo che ai Caraibi fa caldo, e lui non si perde d’animo: spedisce l’intero carico di carbone a Newcastle, una città mineraria che estrae ed esporta carbone in tutta l’America.
È letteralmente come sperare di vendere ghiaccio agli esquimesi; purtroppo il carico arriva nei magazzini nel bel mezzo di uno sciopero dei minatori, e la città sta affrontando uno degli inverni più freddi mai registrati. Pagano il carbone di Timothy il doppio del prezzo normale. Ormai carico di soldi come Paperon de Paperoni, Timothy decide di scrivere un libro. Lo intitola “A pickle for the knowing ones, or plain truths in a homespun dress”.
Eccone un estratto.
L’unica virgola presente nel testo è nel titolo.
Quando lo pubblica, i critici fanno notare questo leggero difetto e lui corre ai ripari. Ristampa una seconda edizione identica alla precedente, ma alla fine aggiunge tre pagine di punti, virgole, punti e virgole, punti esclamativi e virgolette, con la raccomandazione al lettore di metterli dove e come gli aggrada. Diventa un best seller, perché la gente adora quando qualcuno spernacchia i critici letterari.
Stanco e vecchio, decide di pensare alla morte. Come molti si domanda chi verrà al suo funerale, perciò simula la propria morte e la conseguente cerimonia. Per ovvie ragioni è costretto a dire la verità ai familiari più stretti, pregandoli però di recitare bene la parte degli affranti. Al funerale c’è anche lui, travestito.
Quando vede sua moglie recitare male la prende per un braccio, la porta fuori e le fa una tale scenata da attirare l’attenzione. Molti escono e lo riconoscono, a quel punto lui entra in chiesa e assiste al resto del funerale come un invitato qualunque e trasforma il pranzo – gli americani lo fanno – in un party selvaggio.
Muore davvero il 26 ottobre 1806 e lascia tutto in beneficienza.