L’Ungheria prosegue per la sua strada, il tentativo di Orban di creare un demi-régime si arricchisce di qualche altro tassello. Una radio vicina all’opposizione – tale Klubradio – è stata chiusa, niente manganelli per carità, ci sono vie legali per mettere a tacere voci scomode. Ma il diritto, si sa, ha sempre il suo rovescio.
[ad]Il caso di Klubradio è emblematico. In una lotta legale che dura da mesi, in febbraio, la Corte d’appello di Budapest ha dato ragione all’emittente che con i suoi programmi di conversazione, interviste, dibattiti è una voce importante dell’opposizione a Viktor Orban. Il Tribunale ha annullato il concorso con il quale il Consiglio dei media, organo di sorveglianza, aveva assegnato la licenza per la frequenza di Klubradio ad un’altra emittente, e ha imposto al Consiglio di rifare il concorso, escludendo il falso vincitore, un’emittente inesistente, con l’obbligo di fare il contratto con Klubradio per l’uso della frequenza. Ma ciò non è avvenuto. Klubradio emette sempre con una licenza transitoria, e il contratto definitivo tarda ad essere concluso. E da oggi, il Consiglio non è tenuto nemmeno a concluderlo.
In Ungheria agisce la cosiddetta “legge bavaglio”, una legge che regolamenta i media in modo restrittivo. La legge fece molto discutere, scatenando proteste dentro e fuori dall’Ungheria. Dopo una parziale modifica il provvedimento fu votato in parlamento. Recentemente è stato votato un emendamento, presentato da una deputata della maggioranza con iniziativa individuale ma appoggiato dal governo, per il quale il Consiglio dei media non è più obbligato ad assegnare la licenza per una frequenza al vincitore di un concorso. Si disinnesca così il verdetto della Corte. E Klubradio non potrà più trasmettere.
Andras Arato, presidente dell’emittente, confida ancora nel capo dello stato, il nuovo presidente della repubblica Janos Ader, che forse rifiuterà di firmare la legge emendata, e nella Corte costituzionale che potrebbe abrogarla. Esistono dunque ancora meccanismi istituzionali che possono garantire libertà ed equità in Ungheria, certo è grave anche il solo tentativo di imbavagliare, impedire, controllare. E la smania di controllo del governo ungherese – lo diciamo, così en passant, a quelli che ci accusano di mistificare la realtà – valica anche le frontiere ungheresi dal momento che anche East Journal è stato raggiunto da alcune osservazioni del portavoce del governo magiaro che ci ha contattato chiedendo parziale modifica di alcuni nostri articoli. E davvero, ci chiediamo, se il tempo speso per monitorare una piccola testata italiana non si potrebbe dedicare ad attività più urgenti, in un Paese preda della crisi e nuovamente costretto a chiedere soldi al Fmi.
di Matteo Zola