Si stanno consumando in Montenegro imponenti proteste relative all’approvazione, lo scorso 27 Dicembre, di una legge volta a regolare i rapporti tra lo Stato e le comunità ecclesiastiche. Le proteste sono guidate dal Metropolita del Montenegro Amfilohije Radović e dal clero ortodosso serbo che, due volte a settimana, sfila in processione con i propri fedeli nella capitale Podgorica intimando al governo di ritirare la contestata norma.
In dicembre la stessa opposizione filo-serba ha cercato di bloccare il voto sulla controversa legge con proteste in Parlamento che hanno costretto le forze di sicurezza a intervenire, arrestando 18 deputati.
Quelle che dovevano essere però le proteste di una comunità di fedeli si sono trasformate, sotto la pressione dei nazionalisti serbi, in cortei a sfondo politico, facendo riemergere tensioni mai completamente scomparse.
Gli ortodossi rappresentano circa il 70% dei 620.000 abitanti del paese, e per la maggior parte seguono i riti della chiesa ortodossa serba. Nel paese esistono tuttavia due chiese ortodosse: quella montenegrina, fondata nel 1993 e non riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli, e quella serba. Una frattura che si ripercuote anche a livello politico con il governo di Podgorica sostenitore dell’esistenza di un’identità autocefala e i partiti di opposizione filo-serbi che invece la rinnegano.
Cosa prevede la legge in questione?
La norma severamente contestata concerne la (ri)definizione dei diritti di proprietà delle comunità religiose. Quest’ultime sono tenute a fornire documenti ufficiali con data antecedente al 1918 che dimostrino i diritti di proprietà degli immobili posseduti, pena il passaggio della proprietà al demanio statale.
La Chiesa ortodossa montenegrina, rimasta indipendente fino all’annessione del Regno del Montenegro al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni avvenuta nel 1918, cadde sotto la giurisdizione del Patriarcato serbo che prese possesso anche dei beni immobili. Per la Chiesa ortodossa serba è quindi impossibile fornire i documenti richiesti dallo stato montenegrino per il semplice fatto di non aver posseduto prima dell’annessione i circa 66 monasteri oggetto della norma.
Le reazioni alle proteste
Inizialmente il Premier montenegrino Milo Đukanović aveva affermato di voler “restituire allo stato ciò che è stato illegalmente alienato da esso”. Una netta apertura dal Presidente Đukanović ad un rinvio temporaneo dell’attuazione della legge è però pervenuta negli scorsi giorni, anche grazie all’intervento diretto dell’Unione Europea tramite il proprio Commissario per l’allargamento e la politica di vicinato Olivér Várhelyi in visita sia a Belgrado che a Podgorica.
Un recente sondaggio mostra come oltre il 60% dei cittadini montenegrini si sia dichiarato contrario alla legge e solo il 20% favorevole.
Una forte critica verso il potere locale è stata infine espressa non solo dal patriarca Ireneo di Belgrado, ma anche da Cirillo di Mosca e da Bartolomeo di Costantinopoli.