La riforma costituzionale: cosa comporta e chi l’ha votata

Pubblicato il 5 Marzo 2020 alle 14:55 Autore: Giovanni Andrea Cerrina

Il 12 Ottobre 2019 dopo ben quattro votazioni (due alla Camera e due al Senato) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della legge costituzionale 240/2019 in materia di riduzione del numero dei parlamentari, la quale essendo stata approvata con una maggioranza inferiore ai 2/3 ed essendo stato richiesto il referendum confermativo, sarà sottoposta a consultazione Domenica 20 e Lunedì 21 Settembre 2020.

Cosa prevede la riforma

Il testo della riforma mira a modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione mediante quattro articoli, tre se non si considera quello riguardante la decorrenza delle disposizioni.

La riduzione del numero dei parlamentari

L’aspetto certamente più rilevante e dunque più dibattuto della riforma è certamente la riduzione del numero dei parlamentari, la quale viene affrontata nei primi due articoli.

L’articolo 1 della riforma prevede infatti che il numero dei deputati passi da 630 a 400 (riduzione di poco più di un terzo), di cui otto eletti nella circoscrizione Estero mentre prima erano 12. Il peso della circoscrizione Estero rimane dunque inalterato, essendo anche in questo caso la riduzione di un terzo.

Interviene invece sui senatori l’articolo 2, riducendone il numero da 315 a 200 e di conseguenza riducendo da 6 a 4 quelli eletti nella circoscrizione Estero. Anche qui si assiste a una riduzione del numero di senatori pari a circa un terzo del loro totale, senza alterare dunque il rapporto di due a uno tra deputati e senatori.

I senatori attribuiti alle province autonome

Un aspetto molto interessante sebbene poco approfondito dal dibattito è l’attribuzione alle province autonome (Trento e Bolzano) di un numero minimo di senatori. Questa disposizione risulta particolarmente innovativa se si considera che ad oggi il Senato è composto in maniera tale da rappresentare (seppur in maniera molto più leggera rispetto al Senato statunitense o al Bundesrat tedesco) le regioni, mentre le province autonome non hanno attualmente una quota minima di senatori.

Inoltre, il numero di senatori attribuito alle due province autonome sarà pari a quello minimo delle regioni (post riforma), il che porterà di fatto il Trentino-Alto Adige ad avere un numero minimo di 9 senatori, due in più rispetto ai 7 di oggi.

La riduzione del numero minimo di senatori per regione e le disposizioni sui senatori a vita

Come appena accennato la riforma andrà a ridurre il numero minimo di senatori per regione da 7 a 3, mantenendo le eccezioni del Molise che ha due senatori e della Valle d’Aosta che ne ha uno.

Questa modifica avrà l’effetto di abbassare in modo più che proporzionale il numero di senatori per regione: se infatti prima 129 seggi erano “vincolati” mentre i restanti 186 venivano distribuiti tra le regioni sulla base dei censimenti generali, a seguito della riforma i seggi vincolati saranno solamente 63 su 200, mentre i rimanenti verranno distribuiti tra regioni e province autonome.

Infine l’articolo 3 va a mettere in nero su bianco il numero massimo di 5 senatori a vita.
La formulazione odierna dell’articolo 59 della Costituzione recita infatti “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini…”, il che lascia il dubbio se ogni Presidente possa nominare fino a cinque senatori a vita o se piuttosto cinque sia il numero massimo di senatori a vita nominabili dal Presidente inteso come istituzione.
Sebbene in passato vi siano state alcune controversie a tal riguardo oggi la prassi è stabilmente orientata verso la seconda interpretazione e la riforma va dunque semplicemente a renderla esplicita.

Le mancanze della riforma

Tra le mancanze della riforma va segnalata la scelta di non ridurre di un terzo anche i rappresentanti delle regioni durante l’elezione del Presidente della Repubblica: se oggi infatti hanno diritto a votarlo 945 parlamentari più 58 rappresentanti delle regioni (tre per regione tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno), con la riforma i parlamentari scenderanno a 600, il che aumenterà in proporzione il potere dei rappresentanti regionali.

Chi l’ha votata

Come accennato la riforma essendo una legge costituzionale è stata sottoposta a quattro votazioni: il 7 febbraio 2019 al Senato, il 9 maggio alla Camera, nuovamente l’11 luglio al Senato e finalmente l’8 ottobre alla Camera.

In prima lettura (le prime due votazioni) hanno votato in maniera favorevole il centro-destra (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) e il MoVimento 5 Stelle;

In seconda lettura invece al Senato hanno votato a favore solo M5S, Lega e Fdi, mentre Forza Italia non ha partecipato al voto.
Infine quando si è giunti al voto finale alla Camera con la maggioranza ormai cambiata hanno votato a favore M5S, PD, IV, LeU, FI, Lega e FdI; contrari solo +E e Noi con l’Italia.