La Turchia e il “sogno europeo”: passato e futuro dell’adesione di Ankara all’UE

Pubblicato il 10 Marzo 2020 alle 13:10 Autore: Tommaso Rossotti

Era il 14 aprile 1987 quando il governo turco, ai tempi guidato dal Primo Ministro Turgut Özal, inviò una lettera alla Commissione Europea candidandosi ufficialmente all’ingresso in quella che allora era la Comunità Economica Europea. Da quel giorno, un tumultuoso percorso ha coinvolto il blocco dell’UE e la Turchia per più di 20 anni, con qualche passo avanti ma pochi progressi in generale. Ma come funziona l’adesione all’Unione Europea? A che punto è la Turchia in questo processo? Quali sono le prospettive future nei negoziati?

 

L’adesione all’UE

L’adesione all’Unione Europea è regolata dall’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea, che recita:

Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro dell’Unione.

Tra questi valori – elencati in modo particolarmente generico – troviamo il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Se questi sono i requisiti, l’adesione all’UE sembrerebbe quasi un gioco da ragazzi, ma così non è. Prima di tutto, oltre ai criteri esposti all’art. 2, nel tempo gli Stati Membri hanno aggiunto ulteriori richieste, come i criteri di Copenhagen. Questi richiedono che lo Stato faccia geograficamente parte del territorio europeo, che abbia un’economia di mercato e che abbia la capacità di assumersi gli obblighi che derivano dal diritto europeo.

 

Qualora l’aspirante Stato soddisfi i criteri e presenti la domanda di adesione all’UE, Commissione e Consiglio devono prima concedere ufficialmente lo status di candidato allo Stato in questione, e poi aprire i negoziati. I negoziati servono affinché il candidato gradualmente recepisca tutto il corpo legislativo europeo, e sono divisi in 35 capitoli. Ogni capitolo è dedicato ad una questione specifica (per esempio affari monetari, agricoltura, ricerca ed educazione, ecc.). Quando in un particolare ambito vengono raggiunti gli standard europei, quel capitolo può essere chiuso, così da aprirne altri fino ad aver completato tutti e 35 i capitoli. A quel punto, il Consiglio all’unanimità può votare per l’adesione del candidato all’UE. Questo processo è particolarmente complicato, poco lineare e poco trasparente: per questo è stato recentemente attaccato da un gruppo di Stati, guidato dalla Francia di Macron, che si sono temporaneamente opposti al conferimento dello status di candidato all’Albania e alla Macedonia del Nord fino a che un nuovo meccanismo di adesione non sia creato.

 

A che punto si trova la Turchia?

Come abbiamo detto prima, la Turchia ha presentato ufficialmente la sua candidatura nel 1987. La Commissione Europea rispose a tale lettera solo due anni dopo: se da un lato le prospettive di adesione di Ankara non venivano spente immediatamente (come invece era successo al Marocco sempre nel 1987), la Commissione rispose che la questione sarebbe stata rimandata ad un momento più opportuno, considerando la difficile condizione finanziaria della Turchia ai tempi e le problematiche relazioni con Grecia e Cipro. Negli anni ’90 i progressi furono pochi, soprattutto perché l’UE si trovò impegnata principalmente alle negoziazioni per il grande allargamento ad Est del 2004. Tuttavia, nel 1999, durante il Consiglio Europeo di Helsinki fu riconosciuto che la Turchia sarebbe stata un candidato come tutti gli altri Stati europei: questo riconoscimento fu importante per chiudere il dibattito riguardo alla posizione geografica della Turchia. Se è vero che solo la piccola parte della Tracia Orientale si trova geograficamente sul continente europeo, è anche vero che culturalmente la Turchia ha forti legami con l’Europa, sia storici che politici (Ankara è da quasi 70 anni membro della NATO e del Consiglio d’Europa), e questo è sufficiente per l’UE, come dimostrato dall’adesione di Cipro, isola che geograficamente si trova in Asia.

Nel 2005 l’UE riconobbe ufficialmente la Turchia come candidato, ma le negoziazioni si bloccarono praticamente subito: da un lato Paesi come Francia e Austria, a causa delle pressioni dell’opinione pubblica, rallentarono il processo; dall’altro la questione di Cipro portò ad uno stallo nei negoziati, dal momento che il governo di Nicosia decise di bloccare l’apertura di qualsiasi capitolo fino a che le relazioni tra i due Paesi non si fossero normalizzate. Come conseguenza, dal 2005 ad oggi solo un capitolo è stato chiuso (quello riguardante la ricerca), e dal 2010 nessun nuovo capitolo è stato aperto.

 

Quali sono le prospettive future?

Oggi, l’adesione della Turchia all’UE appare sempre più incerta. Dopo il tentato golpe del 2016 infatti il governo guidato da Erdogan si è fatto sempre più autoritario, e l’annuncio del Presidente di voler reintrodurre la pena di morte per i golpisti fu criticata dai leader europei, che minacciarono di chiudere definitivamente i negoziati con Ankara. Nel 2017, le istituzioni europee constatarono che la Turchia non soddisfaceva più i criteri di Copenhagen, mentre nel 2018 il Consiglio decretò che le negoziazioni si trovavano ufficialmente ad un punto morto. Nel 2019, infine, una commissione del Parlamento Europeo chiese la sospensione ufficiale dei negoziati con la Turchia.

 

Nonostante tutto, ci sono stati diversi tentativi di rilanciare il negoziato (ed in generale i rapporti turco-europei): l’accordo sui migranti siriani del 2016, includendo aiuti per 6 miliardi di euro e la liberalizzazione dei visti europei, fu vista da molti politici (soprattutto turchi) come un’occasione per riaprire le negoziazioni, ma di fatto non ci furono progressi.

Con le relazioni tra Bruxelles e ad Ankara ai minimi storici, le probabilità di adesione di quest’ultima nel prossimo decennio sono praticamente nulle. Dall’87 ad oggi, 16 nuovi Stati sono diventati membri dell’UE, quattro hanno aperto le negoziazioni (Serbia, Montenegro, Turchia e l’Islanda, che però le ha sospese nel 2015), cinque hanno presentato la domanda di candidato (Albania, Macedonia del Nord, Svizzera, Norvegia e Marocco) e due sono considerati “possibili candidati” (Bosnia Erzegovina e Kosovo). Per quanto la Turchia sia un partner strategico per l’UE, un allargamento nell’area non è tra le priorità di Bruxelles (sia per i terribili rapporti con Erdogan, sia per questioni di politica interna, sia per la questione cipriota che per l’instabilità ai confini turchi).