I leader degli stati membri dell’UE si sono riuniti nella capitale europea l’1 e 2 di Ottobre 2020 per un vertice di due giorni, rinviato dalla precedente settimana in seguito alla notizia della positività del Presidente del Consiglio Europeo – Charles Michel – al COVID-19. Durante il summit, solitamente convocato quattro volte l’anno, i capi di stato e di governo hanno discusso diversi temi, soffermandosi su una questione cardine da oramai diversi mesi: la necessità di raggiungere la così detta digital sovereignty o sovranità digitale. Quest’ultimo tema, infatti, continua a dominare l’agenda politica dagli inizi del 2020, quando la pandemia del COVID-19 era ancora solamente una paura lontana.
Tale questione ha messo in evidenza il ruolo chiave che la tecnologia gioca nella vita delle persone. Ha anche reso i policy-makers dell’UE consapevoli dell’importanza strumentale della sovranità digitale per ottenere l’autonomia strategica. Da quando ha assunto la carica di Presidente della Commissione Europea lo scorso autunno, Ursula von der Leyen ha ripetutamente espresso l’ambizione di rendere l’Europa resiliente, indipendente e inclusiva nel settore digitale. Lo scoppio della pandemia ha trasformato questa priorità in un’urgenza.
Di cosa si parla esattamente quando si fa riferimento alla sovranità digitale? I leader, nelle loro conclusioni – il documento che riassume le posizioni politiche adottate durante il summit rispetto ai diversi temi trattati – la definiscono come la capacità di stabilire le proprie regole, compiere scelte tecnologiche autonome nonché sviluppare capacità e infrastrutture digitali strategiche.
In una dichiarazione ai margini del summit, il Presidente del Consiglio Europeo Michel ha dichiarato che “con le infezioni in aumento in molti Stati membri dell’UE, la pandemia non mostra segni di diminuzione. Tuttavia, con il passare del tempo abbiamo imparato ad adattarci e la nuova normalità ha iniziato a prendere forma”. La “nuova normalità” di cui parla l’ex Primo Ministro belga Michel ha le sue radici anzitutto nel ruolo chiave giocato dalle nuove tecnologie durante la pandemia, con particolare riferimento alle reti di telecomunicazione: esso è stato rafforzato dall’emergenza, che ha accelerato la transizione del lavoro, dell’istruzione e della vita sociale nello spazio virtuale.
La necessità di connettività, resilienza e indipendenza è chiaramente riflessa nel documento contenente le conclusioni del summit che si è tenuto qualche giorno fa: i leader europei hanno chiesto, nero su bianco, che il 20% dei 672,5 miliardi di euro proposti tramite il Recovery Fund – lo strumento europeo per la ripresa economica e sociale a seguito della pandemia – venga riservato ad investimenti volti a rafforzare l’infrastruttura digitale. Tuttavia, la domanda sorge spontanea: a chi gioverà questo denaro? Nelle conclusioni del vertice, i leader hanno timidamente chiesto che i fondi siano destinati a sostenere le piccole imprese, molte delle quali sono state gravemente colpite dalla pandemia. Resta tuttavia da vedere se la gran parte del finanziamento sarà, alla fine, destinata ai grandi attori digitali.
Il messaggio chiave, dunque, è che il blocco europeo non può permettersi il lusso di lasciarsi scappare le tante opportunità di questa transizione digitale, che vengono definite dai leader “fondamentali per rafforzare la nostra base economica, garantire la nostra sovranità tecnologica, consolidare la nostra competitività globale, facilitare la transizione verde, e creare posti di lavoro”. Quali saranno, però, i principi saldi e gli standard alla base di questa transizione? L’obiettivo dei capi di stato e di governo è stabilire un modello europeo incentrato sull’uomo, costruito su libertà fondamentali, protezione dei dati – personali e non – e Intelligenza Artificiale sicura, affidabile ed etica. Questo modello dovrà sapersi contrapporre a quelli proposti da Stati Uniti e Cina, senza perdere la necessaria competitività.
Al netto di tutto ciò, la palla passa ora nelle mani della Commissione Europea, tenuta a proporre, nei mesi a venire, diverse iniziative – legislative e non – in questo campo: dall’Intelligenza Artificiale alle piattaforme online, passando per 5G, protezione dei dati online e cybersicurezza. Certo è che le ambizioni degli stati membri rimangono alte, con i leader che hanno chiamato la Commissione a presentare, entro Marzo 2021, un piano che identifichi concretamente gli obiettivi dell’UE in ambito digitale da oggi al 2030. La posizione degli stati membri rispetto a tali iniziative è dunque più che chiara: l’Europa deve ridurre la dipendenza tecnologica da superpotenze quali Cina e Stati Uniti, attualmente le principali fonti di approvvigionamento per le infrastrutture digitali (rispettivamente per reti di telecomunicazioni e servizi cloud).
L’UE deve dunque affrontare il difficile compito di raggiungere l’indipendenza nelle tecnologie chiave garantendo al contempo che un solido rapporto commerciale con i propri partner internazionali. Ma per la prima volta, c’è un allineamento dei principali attori e la volontà politica di raggiungere un obiettivo comune.
Il prossimo incontro programmato dei leader dell’UE è previsto per Marzo 2021. Al centro di quel summit ci sarà un’altra tematica centrale per il dibattito sul raggiungimento della sovranità digitale: la tassazione dei tech giants – i grossi businesses digitali.