Libano, il nuovo primo ministro è (ancora) Saad Hariri
Giovedì 22 ottobre il presidente libanese Michel Aoun ha incaricato Saad Hariri di formare un nuovo governo. La nomina di Hariri è giunta a seguito delle consultazioni con le varie forze parlamentari. Il politico sunnita ha ottenuto 65 preferenze, un numero risicato ma sufficiente per controllare il parlamento, composto da 128 seggi.
Oltre che dal suo stesso partito, Tayyar Al-Mustaqbal, Hariri è appoggiato dal Partito Socialista Progressista druso di Walid Jumblatt e dal partito sciita Amal. Si sono invece astenuti sia il Movimento Patriottico Libero, sia il partito Hezbollah. Hariri ricopre l’incarico di Primo Ministro per la quarta volta, ad un anno dalle dimissioni rassegnate a seguito delle proteste iniziate il 17 ottobre 2019.
La scelta di affidarsi nuovamente ad Hariri giunge in un momento di grande confusione politica nel paese dei cedri. Il governo presieduto da Hassan Diab si era dimesso a seguito della devastante esplosione del 4 agosto. L’incarico di formare un nuovo governo era stato dunque affidato a Mustapha Adib, che tuttavia il 26 agosto aveva annunciato di non essere riuscito a trovare un accordo tra i partiti.
Il figlio dell’ex premier Rafiq, assassinato il 14 luglio 2005, per due volte aveva escluso la possibilità di un proprio ritorno. Due settimane fa, tuttavia, Saad Hariri si era dichiarato disposto a ricoprire di nuovo il ruolo di premier.
È utile ricordare che in Libano, per consuetudine costituzionale, ad un membro della comunità sunnita spetta il ruolo di Primo Ministro. Il capo di Stato è sempre un membro della comunità cristiano maronita, mentre la comunità sciita esprime il presidente del Parlamento. Tale assetto istituzionale, benché sia stato concepito per garantire un equilibro di potere, ha avuto come effetto quello di favorire atteggiamenti clientelari e corruttivi.
Un esecutivo non scontato
La formazione di un esecutivo non è per nulla scontata. L’arena politica è estremamente frammentata, Hariri gode di una maggioranza parlamentare fragilissima e la pressione esercitata dall’esasperato popolo libanese è alta.
Il premier-designato ha promesso la formazione di un governo di specialisti, anche se tale promessa sembra già vacillare. Secondo alcuni media, infatti, il Ministero delle Finanze pare essere stato destinato ad un esponente della comunità sciita dopo le insistenze del presidente del Parlamento Nabih Berri. Delicate sono anche le scelte relative ai ministeri dell’Energia, della Salute e della Giustizia.
Le pressioni interne ed internazionali
Saad Hariri è chiamato a formare un esecutivo che possa soddisfare sia il popolo libanese, sia la comunità internazionale.
La situazione interna è carica di tensione, come hanno dimostrato gli scontri tra sostenitori di Hariri e manifestanti anti-establishment, avvenuti nella serata di mercoledì. L’economia libanese è in caduta libera: l’inflazione ha più che raddoppiato i prezzi nel solo 2020, il tasso di povertà ha toccato il 55%, la lira libanese ha perso l’80% del proprio valore. I blackout sono frequenti, i medicinali scarseggiano. A complicare il quadro è la situazione sanitaria: nella sola giornata di giovedì 22 ottobre si sono registrati 1450 nuovi casi e 16 vittime.
Per ottenere i tanto agognati prestiti, il governo di Hariri dovrà soddisfare la comunità internazionale. Il presidente Macron, recatosi in visita dopo l’esplosione di inizio agosto, aveva annunciato un innovativo “patto politico” con la classe dirigente del Libano. L’inquilino dell’Eliseo aveva però richiesto la formazione di un governo entro metà settembre.
Spetterà proprio ad Hariri il compito di negoziare con la Francia e con le principali istituzioni internazionali. Per ottenere i due miliardi necessari per restare a galla, il premier-designato dovrà mettere sul piatto una serie di riforme, a partire da quelle del sistema bancario e giudiziario. Se anche questo tentativo dovesse fallire, il paese dei cedri potrebbe davvero rischiare di affondare.