Trapero torna alla guida dei Mossos d’Esquadra dopo l’assoluzione

Pubblicato il 19 Novembre 2020 alle 13:23 Autore: Riccardo Ricchetti

La Audiencia Nacional ha messo fine al processo che vedeva imputato Josep Lluís Trapero, maggiore dei Mossos d’Esquadra (la polizia locale catalana), assolvendolo da tutte le accuse a suo carico. I dettagli della sentenza si sapranno nel bel mezzo della corsa alle urne in Catalogna, dopo che il Presidente della Generalitat Quim Torra è stato messo fuori dai giochi, a seguito della condanna per disobbedienza dello scorso settembre.

Dopo un intenso dibattito in camera di consiglio, la Corte spagnola ha optato per la tesi della difesa di Trapero, non riconoscendo in capo al funzionario il crimine di sedizione per il comportamento adottato durante la sfida secessionista dell’autunno di tre anni fa. Oltre a Trapero, sono stati assolti anche Cèsar Puig, ex segretario generale dell’Interno della Generalitat, Pere Soler, ex direttore generale della polizia catalana, e Teresa Laplana, tenente dei Mossos d’Esquadra.

Josep Lluís Trapero può finalmente tirare un sospiro di sollievo e tentare di recuperare la credibilità messa in discussione in tutto questo tempo. Dalla notorietà e ammirazione guadagnata per la gestione degli attacchi jihadisti a Barcellona e Cambrils, il maggiore è stato travolto da una serie infinita di accuse personali, come traditore, codardo, bugiardo, terrorista, golpista, illegale, corrotto, indegno e despota. Come accade spesso dopo una sentenza di assoluzione, però, ci si dimentica di ciò che è stato detto e ci si rivolge soltanto al futuro.

 

LE ACCUSE

Dopo l’1-O, la Guardia Civil aveva incolpato Josep Lluís Trapero di aver preso parte alla strategia ideata dall’allora presidente Carles Puigdemont, insieme ai partiti indipendentisti, all’Asamblea Nacional Catalana e all’associazione Òmnium Cultural, volta a provocare uno scontro con lo Stato spagnolo e ottenere l’indipendenza unilateralmente. Nello specifico, i Mossos d’Esquadra erano accusati di non aver impedito, bensì appoggiato la consultazione referendaria indipendentista. A tal proposito, si criticava il comportamento passivo degli agenti della polizia catalana, testimoniato da un video pubblicato su El Mundo.

 

La Procura aveva, quindi, accusato Trapero del reato di ribellione, poi ridotto in sede di giudizio a sedizione, e richiesto per lui la reclusione di 10 anni. La sua incriminazione si sommava alle accuse di ribellione, sedizione, disobbedienza e malversazione ai danni dello Stato addebitate ai dodici leader indipendentisti catalani, poi sfociate in pesanti condanne da parte del Tribunal Supremo lo scorso 14 ottobre 2019.

Un anno dopo invece, l’Audiencia Nacional ha preso una scelta differente, suscitando non pochi conflitti all’interno del collegio giudicante. Da un lato, il giudice Espejel sosteneva la tesi della Guardia Civil, in particolare del colonnello Diego Pérez de los Cobos, che ha sostenuto di aver notato un’insolita passività nell’azione dei Mossos finalizzata a consentire e facilitare il voto. Dall’altro, Ramón Sáez, relatore per la sentenza, ha sempre difeso l’assoluzione. Incerto era, invece, l’orientamento del giudice Francisco Vieira, dubbioso sulla solidità delle accuse, il quale alla fine ha accettato di appoggiare l’assoluzione.

Va comunque ricordato che la sentenza non è ancora definitiva ed è possibile presentare ricorso alla Camera d’Appello dell’Audiencia Nacional. Tuttavia, è chiaro che un rovesciamento appare molto difficile e, per questo, sembra che la Procura non abbia intenzione di impugnare il procedimento.

 

IL RITORNO ALLA GUIDA DEI MOSSOS

Trapero è, quindi, tornato ad indossare la sua uniforme come capo dei Mossos d’Esquadra, dopo che essere stato rimosso dall’incarico con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola. Da allora, aveva trascorso tre anni lontano dai vertici, relegato a funzioni amministrative presso la stazione di polizia di Les Corts a Barcellona in attesa della sentenza.

Nel suo primo discorso pubblico dopo l’assoluzione, ha voluto trasmettere il messaggio di aver imparato dai propri errori, di tornare senza rancore e di essere pronto alla massima collaborazione. In sottofondo, però, c’era un’altra idea: a 55 anni, nonostante tutto quello che ha sofferto, i Mossos d’Esquadra continuano ad essere quasi tutto per lui.

Il suo ritorno è stato accolto con speranza. “È uno shock, muove tutto“, affermano alcuni agenti. In sole 24 ore, infatti, ha ripreso il timone, dando già istruzioni ai commissari sul dossier “coronavirus”, dimostrando di non indugiare nell’agire in nome della divisa che rappresenta. “Dobbiamo sapere quello che abbiamo di fronte e saperlo interpretare“, ha detto ai suoi uomini circa le possibili reazioni di una popolazione che sta subendo le conseguenze del lockdown.

Josep Lluís Trapero nel suo primo discorso pubblico a Sabadell (Barcelona) il 13 novembre 2020

 

Alla fine, la polizia catalana ha recuperato il proprio leader, ma è evidente che nulla sarà più come prima. Tutta questa vicenda lascerà degli strascichi sia sul futuro operato del maggiore, sia sulle prossime elezioni in Catalogna, nuovamente scossa dalle vicende giudiziarie legate all’indipendentismo. Lo scrittore e regista David Trueba ha affermato pochi giorni fa su El País: “Nessuno conoscerà mai le cicatrici che questi eventi hanno lasciato nel suo spirito”. Nel caso specifico ci si riferiva a Trapero, ma forse questa affermazione si addice più che mai al volto di una Catalogna senza pace.