Nella sfida per le suppletive di Siena a Letta e Marrochesi si aggiunge Marco Rizzo
Nella sfida per le suppletive di Siena a Letta e Marrochesi si aggiunge Marco Rizzo
Il 3 e 4 ottobre oltre che per il sindaco di Roma, Milano Torino, Napoli, Bologna, e altre città italiane si voterà anche in due collegi uninominali della Camera per sostituire due deputati che per motivi diversi si sono dimessi dalla propria carica. Si tratta del collegio di Roma Primavalle, rappresentato dal 2018 da Claudia del Re, del Movimento 5 Stelle, ora diventata rappresentare Ue nel Sahel, e di quello di Siena e provincia (più una parte dell’aretino), in precedenza vinto dall’ex ministro dell’Economia Padoan, diventato presidente del Cda di Unicredit.
Dopo il rifiuto dell’ex premier Conte a presentarsi nel collegio romano ad attirare l’attenzione mediatica sono state le suppletive di Siena, perchè in queste a candidarsi è stato il segretario del Pd Enrico Letta.
Non essendo in Parlamento da quando nel 2015 si è dimesso per andare a insegnare a Parigi, il suo obiettivo è rientrare per affrontare da dentro il Palazzo la parte più delicata della fine della legislatura, quella che include l’elezione del Presidente della Repubblica il prossimo febbraio.
Sulla carta Letta sarebbe il favorito, a osservare il risultato del 2018, quando Padoan ottenne il 38,3%, contro il 31,48% di Borghi, Lega, per il centrodestra, il 19,5% di Franci, per il Movimento 5 Stelle, il 4,4% di Mancini, di Leu.
Oggi il Movimento 5 Stelle non presenta un candidato, così come Leu, implicitamente appoggiando Letta, che di fatto potrebbe contare quindi sul 62,1%. Una percentuale però quasi sicuramente lontanissima da quella che effettivamente prenderà, per una serie di fattori.
L’attrazione degli outsider come Rizzo
In politica 2+2 non fa 4, ma spesso 3 e a volte anche 2. Soprattutto quando a essere sommate sono grandezze piuttosto disomogenee tra loro. Anche se Conte, non presentando alcun candidato neanche alle suppletive romane ha resto abbastanza evidente il legame con Letta, la stessa vicinanza non è detta possa essere espressa dall’elettorato pentastellato.
Siena è un luogo molto particolare, simbolico per la sinistra. Da sempre vincente, qui rappresenta appunto il potere, l’establishment, più che in ogni altra area d’Italia. Non si tratta solo del cuore della Toscana rossa, ma anche della sede di Monte dei Paschi di Siena, che ha rappresentato gli strettissimi legami tra il Pci, il Pds, i Ds e ora il Pd e l’economia del territorio.
E nel 2018 il voto verso altre coalizioni che non fossero quella di centrosinistra guidata dal Pd ebbe anche un significato di contestazione del potere costituito, specie dopo la profonda crisi di Mps.
Appare quindi improbabile che ora l’elettorato maggiormente contro l’establishment, quello pentastellato, possa scegliere in massa il candidato che più lo rappresenta. Se da un lato molti di questi verranno attirati, come già da tempo è evidente dai sondaggi nazionali, verso il centrodestra, altri, quelli effettivamente di sinistra, potrebbero rivolgersi verso un voto completamente diverso, magari verso il principale outsider qui, quel Partito Comunista di Rizzo che candida il proprio leader nel collegio.
L’impatto dell’affluenza alle suppletive di Siena
Consideriamo che già alle europee del 2019 si è assistito a un arretramento di quello che potremmo chiamare centrosinistra allargato. La somma di Pd, Movimento 5 Stelle, Leu, che arrivava nel collegio di Siena circa al 58% nel 2018, superò appena il 50% un anno dopo. Mentre il centrodestra era cresciuto dell’11%.
A livello nazionale rispetto al maggio 2019 rimane forte all’incirca allo stesso modo, pur con una redistribuzione dei pesi interni a favore di Fratelli d’Italia e a discapito della Lega, mentre la coalizione giallo-rossa ha perso punti a vantaggio di Italia Viva e Azione che sono nati nel frattempo. Sulla carta Renzi e anche Calenda si sono espressi per Letta, che non a caso si presenta con un simbolo solo con il suo nome, e non con i loghi dei partiti, ma sappiamo come non sia particolarmente ben visto in casa renziana per esempio.
Ma il dato che potrebbe giocare un ruolo ancora più importante delle dinamiche nazionali è quello dell’astensione. Non si vota per elezioni nazionali, gli elettori del collegio dovrebbero recarsi al voto solo per eleggere il proprio deputato, non un governo nazionale. E questo potrebbe innescare alcuni effetti vistosi.
Il crollo dell’affluenza potrebbe essere molto rilevante. Consideriamo che in precedenti suppletive questa è scesa anche sotto il 10%, come in quelle a Napoli nel febbraio 2020, mentre altrove è rimasta sotto il 20%.
Con questa astensione dal voto tutto è possibile. E sappiamo che in questi casi sono gli elettorati più fedeli e convinti a tornare alle urne, spesso quelli dei partiti piccoli e più radicali.
Se dovesse votare per esempio solo il 20% degli iscritti alle liste elettorale saremmo di fronte a meno di 40 mila voti validi. Se dovessero recarsi alle urne tutti i circa 3 mila che hanno messo già nel 2019 la croce sul Partito Comunista di Rizzo nel maggio 2019, questo significherebbe per costui un 7,5%, cui sarebbero da aggiungere tutti quegli elettori di sinistra e ex Movimento 5 Stelle che come abbiamo detto preferiscono un’opzione anti-establishment, a Letta, che tra l’altro è un ex democristiano in terra rossa.
La partita non è chiusa
La presenza di questi fattori, oltre al fatto che il candidato di centrodestra Marrochesi è un imprenditore del vino nato e vissuto sul territorio, a differenza di Letta, e l’aggiunta di un altro candidato, Agostini di 3V (area No Vax), e appunto Marco Rizzo del Partito Comunista, rendono la partita aperta.
Più aperta di quella che probabilmente alla vigilia ci si aspettava. Del resto il Paese in cui più elezioni suppletive vengono svolte, il Regno Unito, dove da sempre vige il sistema uninominali, proprio queste by-election, come lì sono chiamate, che più volte hanno segnato l’inizio di una nuova fase politica, con vittorie a sorpresa di candidati fino a quel momento considerati degli outsider.
E in fondo si voterà nel “Chiantishire”, l’area d’Italia più conosciuta e amata dagli inglesi.
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