Smart working, per i sondaggi di Swg diminuisce la passione degli italiani
Forse era destino, con le riaperture e la ripresa di una vita normale era prevedibile che accadesse, fatto sta che si tratta di un cambiamento di opinione piuttosto rilevante in pochi mesi quello che ha captato Swg nei suoi ultimi sondaggi. La percentuale di italiani che preferirebbe lavorare sempre in presenza cresce di ben 13 punti in nove mesi, dal 33% al 46%. Mentre scende dal 53% al 39% quella di chi opterebbe per forme ibride, ovvero alcuni giorni in ufficio ed altri in smart working
Nello specifico il 19% vorrebbe fare 1-2 giorni di lavoro da remoto e 3-4 in presenza, e il 20% il contrario. In dicembre erano rispettivamente il 30% e il 23%.
Viceversa rimane piuttosto stabile, ed è all’11%, la quota di quanti vorrebbero stare sempre in smart working.
Tuttavia questo non vuol dire che ci sia un rinnegamento dell’esperienza fatta con lo smart working. Per il 42% di chi l’ha provato vi è stato un aumento del tempo libero, per il 34% un incremento della produttività, per il 30% un miglioramento dei rapporti con i familiari. Altri lati positivi sono stati la crescita dei risparmi e dello stato psicofisico.
Nel saldo tra quanti parlano di peggioramenti e di miglioramenti prevalgono invece i primi se il tema è il senso di appartenenza all’azienda, la capacità di lavorare in team, la qualità delle relazioni sociali, anche se poi alla fine la maggioranza degli intervistati afferma che non è cambiato nulla.
Il 36% rinuncerebbe a parte dello stipendio pur di stare in smart working
Alcune aziende hanno ipotizzato di concedere lo smart working ai propri dipendenti ma solo in cambio di un taglio del salario. Swg ha chiesto agli italiani come reagirebbero a una proposta del genere.
Il 42% rinuncerebbe alla possibilità di lavorare da casa pur di non vedere decurtazioni, ma c’è un 35% che invece le accetterebbe pur di poter fare lavoro da remoto. E se il 22% rinuncerebbe a non più di un 5-10%, vi è anche un 7% che sarebbe pronto a vedere una riduzione del 10-20% e un altro 7% addirittura del 20-25%.
E poi c’è un 17% di lavoratori che non possono tollerare di dover scegliere tra stipendio e smart working e davanti al dilemma cercherebbe lavoro altrove.
Sono però una minoranza piuttosto piccola, del 24%, coloro che hanno considerato la possibilità di cambiare professione, lavorando per un’azienda lontana ma facendolo da remoto. Anzi, il 4% lo ha fatto di recente.
Il 34% invece non ne ha intenzione, mentre il 29% non si pone proprio il problema non avendo intenzione comunque di cambiare lavoro.
C’è invece una maggioranza chiara, del 53%, che alla domanda sul rientro in presenza dei dipendenti statali dà un’opinione di apprezzamento. Per il 39% sarebbe garantita una maggiore produttività e qualità del servizio e per il 14% si ridurrebbe l’isolamento del lavoratore.
E se per il 12% non cambia nulla il 19% è contrario. Con il 12% che pensa sarebbe una sconfitta per il processo di digitalizzazione della Pa e il 7% perchè ritiene non sia giusto togliere l’opportunità dello smart working ai dipendenti pubblici. Questo 19% tra l’altro diventa 41% tra chi almeno in parte proprio in smart working lavora.
L’impressione è che però se da un lato vi è un riflusso dallo smart working generalizzato dei periodo di maggior emergenza della pandemia dall’altro non ci sarà un ritorno allo status quo ante di prima della pandemia.
Questi sondaggi sono stati realizzati da Swg tra il 15 e il 17 settembre con metodo CATI-CAMI-CAWI su 800 soggetti.
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