Csm: cosa prevede la riforma dell’organo? I punti fondamentali
Presentata dal Governo Draghi una proposta di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura: presto sarà esaminata dal Parlamento. Il perno della riorganizzazione del Csm dettata dall’esecutivo: togliere potere alla “correnti” politiche interne all’organo.
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Verso la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura
Il Governo Draghi ha presentato una proposta di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura: presto il testo dovrebbe passare all’esame del Parlamento. Il Csm è l’organo di autogoverno della Magistratura, nel corso degli ultimi anni è stato più volte travolto da scandali: in cima alle priorità dell’esecutivo togliere peso alle “correnti” politiche interne all’organo. Quindi, limitare la spartizione delle cariche e, in particolar modo, regolamentare più dettagliatamente l’eventuale passaggio di un magistrato a un incarico politico, dunque, il suo ritorno in magistratura dopo il termine dell’incarico elettivo.
Nello specifico, tale progetto si vuole realizzare in due passaggi: innanzitutto, la modifica del sistema di elezione dei membri del Csm che dovrebbe diventare misto, una parte maggioritaria e una parte proporzionale. 14 magistrati su 20 sarebbero eletti con maggioritario: previsti due collegi, verranno eletti i due magistrati più votati in ciascuno; dovranno esserci minimo 6 candidati: in caso non si raggiunga il numero minimo i candidati mancanti saranno estratti a sorte. Un altro seggio sarà assegnato al terzo candidato più votato, dovrà essere un pubblico ministero; i restanti 5 seggi saranno assegnati con un sistema proporzionale (solo candidature singole, niente liste nazionali). Già questo cambiamento (che introduce una forte componente di imprevedibilità) potrebbe comportare un giro di vite su quella lottizzazione che molti ritengono pratica collaudata al momento di eleggere i membri del Csm.
Limitare la “politicizzazione” del Csm
Altro punto nodale della riforma del Csm proposta dal Governo Draghi la più stringente regolamentazione dell’ingresso dei magistrati in politica e, in parallelo, del loro ritorno in magistratura al termine dell’incarico elettivo. In breve, la proposta dell’esecutivo punta a impedire la candidatura dei magistrati nelle regioni dove hanno svolto un incarico giudiziario nei precedenti 3 anni.
Al termine del mandato elettivo (durante il quale saranno in aspettativa senza compenso) un eventuale ritorno in magistratura potrà riguardare soltanto ruoli amministrativi o ministeriali – d’altra parte, se non si viene eletti, bisognerà aspettare 3 anni prima di tornare a ricoprire funzioni giurisdizionali. Sarà vietato svolgere contemporaneamente incarichi in magistratura e nell’ambito politico-amministrativo.
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