Legge salario minimo: Ddl bloccato in Senato. Le posizioni dei partiti
Legge salario minimo: il Ddl avanza lentamente nel suo iter cominciato nel 2018, al momento risulta bloccato in Commissione Lavoro del Senato. Il Movimento 5 Stelle azionista di maggioranza dell’operazione, Pd favorevole a chiudere entro il 2023, centrodestra pronto alle barricate: sarà necessaria ancora una volta l’opera di sintesi del Presidente del Consiglio Draghi per sciogliere i nodi interni alla maggioranza?
Legge salario minimo: Ddl bloccato in Senato
Legge salario minimo: dal 10 maggio il Ddl bloccato in Commissione Lavoro al Senato, è ormai all’ultimo miglio prima dell’approdo in aula (in caso di approvazione si dovrebbero aspettare le relazioni tecniche di Ministero dell’Economia e Commissione Bilancio). Il voto sugli emendamenti, d’altra parte, non ripartirà prima della chiusura delle urne per le prossime amministrative: l’ennesimo rallentamento nell’iter cominciato nel 2018, all’inizio dell’attuale legislatura. All’epoca vennero depositate ben 6 proposte di legge sul tema, il testo base che venne scelto alla fine quello dell’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo.
Verso i 9 euro netti all’ora
Legge salario minimo: 9 euro netti all’ora, una cifra sotto la quale attualmente si trova circa mezzo milione di lavoratori italiani secondo le stime dell’Inps. Chiudere il prima possibile l’operazione è l’obiettivo del Movimento 5 Stelle, segue LeU. Asse del Pd con i pentastellati: se non si riuscirà a trovare un accordo entro il 2023, i Dem inseriranno la proposta nel proprio programma elettorale ha assicurato Letta in una delle sue ultime uscite pubbliche.
Contrario, invece, il centrodestra (ma anche alcune parti sociali come la Cisl): in linea di massima, lo schieramento propone di agire più sul taglio del cuneo fiscale (abbassare le tasse sul lavoro) e sulla rimodulazione del Reddito di Cittadinanza (che starebbe falsando il mercato del lavoro secondo i critici) per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori “poveri”. Insomma, ci si può aspettare un lungo “muro contro muro” in Commissione: anche questa volta potrebbe rivelarsi necessario l’intervento di Palazzo Chigi per risolvere la questione.
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