Nel 2021 alla voce Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti sono stati spesi 2 miliardi e 144 milioni
Il tema dell’immigrazione è ormai da 30 anni tra i più caldi nell’attualità politica. È dall’arrivo di quelli che una volta erano chiamati “vu cumprà” e dai tempi dei massicci sbarchi di albanesi in Puglia che a ondate ricorrenti occupa le prime pagine dei giornali, le home page dei loro siti, i titoli di apertura dei Tg.
Oggi a riportarlo in primo piano sono soprattutto gli sbarchi in Sicilia di migranti provenienti dall’Africa, in cerca asilo politico o semplicemente della possibilità di vivere in Europa.
Come ogni fenomeno che accade in uno Stato moderno e strutturato, va gestito e qualsiasi siano le scelte politiche su come affrontarlo vi sono dei costi da sostenere. Quanti?
Secondo il Rendiconto Economico dello Stato del 2021, pubblicato dalla Ragioneria Generale, a riassumere le spese necessarie (ma non tutte come vedremo) è la missione 27 (sono 32 in tutti), titolata “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti”.
Ebbene, l’anno scorso sono stati versati per questa 2 miliardi e 145 milioni di euro.
La spesa per l’immigrazione è in calo, soprattutto in proporzione a quella totale
In confronto agli anni precedenti vi è stata una riduzione di questo esborso, visto che, come si vede dalla nostra infografica, nel 2020 lo Stato aveva impegnato 2 miliardi e 157 milioni e in passato molto di più, ovvero 2 miliardi 523 nel 2019 e addirittura 3 miliardi e 691 milioni e 3 miliardi e 523 milioni nel 2017 e 2018.
La ragione è semplice e va trovata nel picco di sbarchi di quegli anni. Ora la spesa del settore pubblico è tornata ai livelli del periodo 2014-2016, quando era tra i 2 e i 2,35 miliardi. Ancora prima, nel 2012 e 2013, era stato ancora più basso, poco superiore al miliardo e mezzo.
La spesa per l’immigrazione, però, va misurata in proporzione a quella totale, almeno a quella centrale dello Stato e primaria, ovvero senza contare gli interessi.
Anche in questo caso abbiamo fatto alcuni calcoli, e, a quanto risulta, nel 2021 si è toccato un minimo. Sono stati impiegati 3,63 euro ogni 1000 complessivi. Meno che nel 2020 (4,13), ovviamente molto meno che nel 2017 e 2018 (9,7 e 9,13). Anche nel 2012 e 2013 era stato messo a bilancio di più, in proporzione, 4,52 e 4,35 euro ogni 1000.
Questo è accaduto perché negli anni la spesa totale è cresciuta molto, nel 2021 ha raggiunto i 590,4 miliardi, mentre era solo di 386,9 nel 2018 e di 348 nel 2012.
Perlomeno nel 2020 e 2021 le emergenze principali sono state la sanità, come si sa, e la mitigazione dell’impatto economico della crisi pandemica.
Basti pensare che nel 2017 i trasferimenti complessivi agli enti locali, dovuti soprattutto alla spesa sanitaria, erano ammontati a 102,7 miliardi, mentre nel 2021 erano cresciuti a 129,3. Nel frattempo la spesa per l’immigrazione è scesa di 1,4 miliardi.
Poi vi sono le politiche previdenziali: per pagare le pensioni nel 2017 lo Stato centrale inviava 68,3 miliardi alle casse dell’Inps, visto che i versamenti contributivi non bastano, ma nel 2021 tale cifra è salita a 96,9 miliardi.
In realtà più di metà della spesa per l’immigrazione va ai rapporti con le confessioni religiose
Analizzando più nel dettaglio la missione 27 si nota che è composta da tre capitoli:
- Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti
- Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate
- Rapporti con le confessioni religiose
Ebbene, in realtà è quest’ultima che nel 2021 ha assorbito più risorse, un miliardo e 214 milioni. Si tratta in sostanza della gestione dell’8 per mille, una parte del quale va effettivamente all’accoglienza, ma non la maggioranza.
Come è facile immaginare, nel 2017, in piena emergenza sbarchi, era stata invece la prima voce a vedere una spesa maggiore, di 2 miliardi e 648 milioni.
All’immigrazione, però sono dedicate anche altre risorse, sotto altre voci
La spesa per l’immigrazione e l’accoglienza è responsabilità del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per quanto riguarda i rapporti con le confessioni religiose, di quello del Lavoro, per le politiche di integrazione e di quello dell’Interno, per l’attività di contrasto all’immigrazione clandestina e la coesione sociale.
A quest’ultimo sono stati assegnati nel 2021 921,6 milioni, ma è evidente come non siano solo queste le risorse destinate al fenomeno migratorio.
Lo scopriamo esaminando il Piano della Performance del Ministero dell’Interno, in cui sono dettagliate le spese di competenza del Viminale in ogni ambito.
In questo Piano è evidente che si spendono altri 990,4 milioni anche per il contrasto all’immigrazione clandestina, la sicurezza delle frontiere e delle stazioni ferroviarie. Si tratta di denaro che nel Rendiconto generale non ricadono nella missione 27, quella relativa a “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti”, ma nella 7, quella titolata “Ordine pubblico e sicurezza”.
Non sappiamo, però, quanto di questi 990,4 milioni sia effettivamente assegnato solo al fenomeno migratorio.
In sostanza, comunque, possiamo affermare che alla gestione degli arrivi e dei primi periodi di permanenza di chi viene dall’estero sono dedicati meno di due miliardi, se vogliamo considerare l’impegno in capo alla Pubblica Sicurezza e non la spesa relativa ai rapporti con le confessioni religiose.
Senza contare tutte quelle spese che non sono formalmente collegate all’immigrazione, ma che dalla presenza di stranieri appena giunti in Italia sono indirettamente determinate, in ambito sanitario, per esempio, oltre che in quello della sicurezza.
Sono cifre che però molto probabilmente aumenteranno i prossimi anni con la ripresa degli sbarchi e del fenomeno dell’immigrazione irregolare, via mare e non solo.
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