Il calo dell’affluenza è stato netto e superiore a quello del consenso
Sono stati 1.098.622 gli elettori che si sono recati a votare per il nuovo segretario del PD il 26 febbraio. Nonostante alla fine la soglia psicologica del milione sia stata superata, siamo di fronte all’ennesimo calo dell’affluenza.
Come mostra la nostra infografica a ogni edizione meno italiani hanno scelto di partecipare. Nella precedente edizione, quella che incoronò Zingaretti, si erano mobilitate quasi 500mila persone in più. Anche in quel caso, tuttavia, i numeri furono meno della metà di quelli delle prime primarie, quelle della fondazione del Partito Democratico, nel 2007, quando fu eletto Walter Veltroni.
Sembrano tempi lontani oggi, ma ai gazebo in quell’occasione accorsero ben 3.554.169 italiani.
Anche in quelle del 2009, che videro Bersani prevalere, furono superati i 3 milioni. Quattro anni dopo per scegliere tra Renzi, Cuperlo e Civati, vi fu un altro calo, ma fu relativamente limitato, di meno di 300mila persone.
Il vero crollo fu quello delle primarie del 2017, che confermarono Matteo Renzi alla guida del partito, ma con quasi un milione di votanti in meno, 1.838.938.
Dopo non vi è stato alcun rimbalzo, e le affluenze successive, quelle delle consultazioni più recenti (2019 e 2023) hanno visto un afflusso sempre minore.
Il rapporto tra numero di voti e affluenza alle primarie del PD
Questi numeri vanno visti in relazione a quelli del consenso del PD nelle urne in occasione delle elezioni nazionali, politiche ed europee.
Emerge come effettivamente l’anno precedente quello successivo alle prime primarie, quelle del 2007, quelle con l’affluenza maggiore, il PD avesse avuto molti più voti che alle ultime elezioni, il 31,27% alle politiche del 2006 e il 33,18% a quelle del 2008.
La riduzione del 2009 e quella 2013 corrispondono poi a una fase di calo dell’attrattiva del partito presso gli elettori: alle europee del 2009 e alle politiche del 2013 stesso ottiene rispettivamente il 26,12% e il 25,43%.
Dopo, però, nel 2014, vi è il trionfo delle europee, in cui supera il 40%, un dato record, non toccato da una forza politica da più di 50 anni. Il fatto che le primarie successive, meno di tre anni dopo, abbiano visto un crollo di partecipanti fa comprendere come fosse iniziata la fase della politica liquida. L’exploit del 2014 era evaporato presto e, anzi, era poi sfociato in un declino per il PD.
In realtà guardando non la percentuale ma il numero dei voti si nota come, nonostante quel 40,81%, il PD avesse avuto meno voti che nel 2006 e nel 2008, per esempio, perché l’affluenza era stata molto minore.
I numeri delle ultime edizioni delle primarie PD, poi, sono coerenti con quelli delle elezioni: al minimo di 5,2 milioni di elettori corrisponde il minimo di affluenza dello scorso 26 febbraio.
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