Quello delle norme relative alla sicurezza sul lavoro è un complesso in costante evoluzione: è inevitabile che ciò avvenga, con lo scopo di garantire sia alle imprese che ai lavoratori la massima tutela possibile. È ancora troppo alto, d’altro canto, il numero di infortuni che si verificano ogni anno sul posto di lavoro. Alla fine del 2021 il decreto legge fiscale ha proposto un aggiornamento sulle norme riguardanti le malattie, gli infortuni e le morti sul lavoro. Il governo nello specifico si è dedicato al miglioramento dei contenuti del Testo Unico sulla sicurezza, prevedendo delle regole nuove a proposito delle attività di vigilanza e della formazione dell’ispettorato.
Le modifiche al D. Lgs. n. 81 del 2008
In tutto gli articoli del D. Lgs. n. 81 del 2008 che sono stati modificati sono 14: ne scaturisce una riforma che dovrebbe garantire risultati ottimali in relazione alla sicurezza sul lavoro. L’attenzione si è concentrata fra l’altro sulla necessità di erogare una formazione maggiore allo scopo di prevenire le malattie e i danni professionali, prevedendo al contempo un più severo sistema di sospensione delle attività. In particolare sono state previste delle normative più severe a proposito della formazione e dell’aggiornamento dei datori di lavoro, così come pene severe per coloro che assumono lavoratori in nero. Inoltre, le competenze di vigilanza e ispezione attribuite in precedenza alle aziende sanitarie locale sono state assegnate all’Ispettorato Nazionale del lavoro.
Perché c’è stato bisogno di queste modifiche
Sono diventate indispensabili queste modifiche in considerazione del numero elevato di incidenti sul lavoro, ma anche in virtù degli aggiornamenti che si sono resi necessari in seguito allo scoppio della pandemia da coronavirus. Entriamo dunque nel dettaglio, scoprendo che oltre ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione e ai lavoratori, anche i datori di lavoro saranno tenuti a seguire corsi di formazione specifici relativi alla sicurezza sul lavoro. A precisarlo è il comma 7 dell’articolo 37 del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul posto di lavoro, in base al quale si propone una equiparazione tra il datore di lavoro, il preposto e il dirigente. Ecco spiegato il motivo per il quale diventa indispensabile una formazione ad hoc.
Formazione e aggiornamento
Se spesso gli addetti non sono informati in maniera adeguata, la colpa deve essere attribuita anche e soprattutto a coloro che si trovano a capo di un’azienda, così come a chi ha il compito di verificare il rispetto delle regole finalizzate al contenimento del rischio. Di conseguenza, il preposto, il dirigente e il datore di lavoro sono tenuti sì a seguire corsi di formazione, ma anche – in seguito – dei corsi di aggiornamento riguardanti le loro mansioni correlate alla tutela della sicurezza e della salute sul lavoro: corsi di aggiornamento che devono essere svolti una volta ogni due anni.
Le lezioni in presenza
Le lezioni devono essere erogate in presenza, in quanto saranno caratterizzate dallo svolgimento di prove pratiche che riguarderanno fra l’altro le modalità di utilizzo degli impianti aziendali, delle attrezzature, dei dispositivi di protezione individuale e dei materiali. Una volta ogni due anni è prevista una verifica globale delle competenze ottenute. Nel caso in cui gli obblighi di legge relativi alla formazione sulla sicurezza sul lavoro non vengano rispettati dai datori di lavoro, si applica un regime sanzionatorio doppio. In particolare, sia i dirigenti che i datori di lavorano rischiano un’ammenda compresa tra 1.474 euro e 21 centesimi e 6.388 euro e 23 centesimi, oltre all’arresto per un periodo compreso fra i 2 e i 4 mesi. In più, è prevista la sospensione dell’attività.
Il lavoro nero: quali sono le sanzioni previste in caso di irregolarità
Quello del lavoro nero è un altro degli ambiti per i quali sono state apportate delle modifiche al Testo Unico. in particolare, la sospensione dell’attività lavorativa ed economica è prevista in presenza di lavoratori non in regola, con la soglia che è stata abbassata dal 20 al 10%. L’azienda che voglia ricominciare l’attività produttiva, una volta scontate le pene, sarà obbligata a mettere i lavoratori in regola e a pagare le ammende previste. Le sanzioni vengono raddoppiate se nei 5 anni precedenti l’azienda è già andata incontro a un provvedimento di sospensione.
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