Criptovalute: quando vanno in dichiarazione dei redditi? I casi
Un settore innovativo quello delle criptovalute che attira sempre più investitori italiani. I tentativi di regolarlo sono cominciati relativamente da poco, per questo motivo spesso non è ben chiaro come comportarsi al momento della dichiarazione dei redditi. Il Governo Meloni ha introdotto delle prescrizioni in merito nell’ultima Legge di Bilancio che sarà fondamentale tenere a mente.
Criptovalute: quando vanno in dichiarazione dei redditi? I casi
Sempre più italiani investono in criptovalute, d’altra parte, soltanto da poco gli stati stanno provando a dettare una regolamentazione del settore, anche e soprattutto dal punto di vista fiscale. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, Il Governo Meloni è intervenuto sulla questione nell’ultima Legge di Bilancio prevedendo delle profonde modifiche alla normativa. Nello specifico, con la Finanziaria 2023 è stato disposto che “le plusvalenze derivanti dalle operazioni con cripto-attività sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi presentata attualmente”.
Dunque, le criptovalute sono state ufficialmente inquadrate tra i redditi che bisogna dichiarare: ma non tutte le transazioni con crypto andranno indicate nella propria dichiarazione annuale (Quadro Rw del Modello Redditi PF). Infatti, sempre nella Legge di Bilancio, viene fatta un’importante distinzione tra operazioni “rilevanti” e “non rilevanti” dal punto di vista fiscale. Per cui solo i proventi derivanti da criptovalute superiori a 2.000 euro sono soggetti a imposta sostitutiva del 26%.
Quali sono le operazioni da considerare “rilevanti”?
Criptovalute: in breve, è la plusvalenza a essere tassata, la differenza tra quanto guadagnato e il valore di acquisto delle criptomonete. Tra l’altro, la plusvalenza dovrà essere sommate alla minusvalenza: fattore che potrebbe facilmente riportare sotto la soglia dei 2.000 euro di guadagni nel periodo di imposta. Inoltre, non tutte le transazioni in crypto sono da considerare “rilevanti”, cioè soggette a tassazione. Tra queste compaiono: la conversione di una cripto in una valuta fiat, una valuta nazionale “tradizionale”, così come l’utilizzo di una cripto per l’acquisto di un bene, un servizio, un NFT (Non Fungible Token) ma anche staking, lending e yield fielding di criptovalute (in poche parole, sono tassati gli interessi guadagnati da depositi vincolati e prestiti).
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