Pensioni 2024: cosa ci sarà in Legge di Bilancio? I punti centrali
Pensioni 2024: quello della Previdenza uno dei capitoli centrali della prossima Legge di Bilancio. Le risorse da impiegare, però, rimangono poche. Al centro dell’intervento del Governo Meloni ci saranno Quota 103, rivalutazione degli assegni, Ape Sociale e Opzione Donna. Una panoramica delle ultime indiscrezioni sul tema.
Pensioni 2024: proroga per Quota 103
Pensioni 2024: come largamente atteso, la Previdenza sarà uno dei capitoli centrali della prossima Legge di Bilancio. D’altra parte, gli interventi previsti al momento non avranno la portata sperata dal Governo. Le risorse sono poche: secondo le stime del Ministero dell’Economia non potrà essere impiegato più di un miliardo, un miliardo e mezzo. Per avere cifre più certe bisogna aspettare la presentazione del Nadef.
La nota al Documento di Economia e Finanza non arriverà prima di fine settembre. Intanto, sembra ormai sbarrata la strada a qualsiasi esperimento, in primis, quello riguardante il lancio di Quota 41 per tutti in una versione solo contributiva. In pratica, bis per Quota 103, sicuramente l’ipotesi meno costosa sul tavolo (solo 300 milioni circa): anche nel 2024, quindi, si potrà andare in pensione a 62 anni di età e con 41 anni di contributi.
Opzione Donna, Ape Sociale e rivalutazione assegni
Pensioni 2024: altra conferma arriverà per Ape Sociale. L’anticipo pensionistico dovrebbe essere potenziato attraverso un ampliamento della platea dei potenziali beneficiari: con tutta probabilità si allargherà ad alcuni “professionisti”. Altra priorità l’intervento su Opzione Donna: se non verrà assorbita proprio dall’Ape, comunque dovrebbe subire un restyling che permetta di recuperare le “esodate” dall’ultima modifica ai requisiti. Difficilmente, però si arretrerà rispetto all’età anagrafica fissata a 60 anni.
Infine, dato che l’esecutivo intende finanziare le misure principalmente attraverso risorse “interne” al sistema previdenziale, è molto probabile l’entrata in vigore di un “taglio su un taglio”, cioè una nuova riduzione del tasso di rivalutazione in base all’inflazione che andrà a colpire gli assegni più alti (oltre 4 volte il trattamento minimo Inps, in sostanza, quelle sopra i 2.102 euro lordi mensili).
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