Israele-Gaza, cosa avrebbe fatto Kissinger?
(Adnkronos) – Henry Kissinger avrebbe cercato di risolvere l'attuale crisi in Medio Oriente passo dopo passo, evitando di imporre in tempi brevi una soluzione con due stati, soluzione che sarebbe potuta eventualmente arrivare solo al termine di un lungo processo graduale. Lo scrive sul Washington Post l'ex ambasciatore americano in Israele, Martin Indyk. "Cosa avrebbe fatto Kissinger con la guerra in corso a Gaza? – si chiede il diplomatico – Il suo perseguimento dell'ordine era focalizzato sulle relazioni fra gli Stati. Per lui, attori rivoluzionari, non statuali, come Hamas, andavano neutralizzati e privati della capacità di destabilizzare la regione. Ma lui credeva anche in un tipo di processo incrementale nel quale i palestinesi avrebbero ottenuto 'attributi di statualità' attraverso la costruzione di istituzioni di governo che li avrebbero poi portati ad acquisire l'indipendenza". Kissinger "sarebbe stato il primo a mettere in guardia contro ogni tentativo di far cessare il conflitto imponendo una soluzione con due stati. Invece avrebbe voluto un processo da iniziare con il ritorno di una governance palestinese a Gaza, sotto l'egida di Egitto e altri paesi arabi che avrebbero aiutato a mantenere l'ordine. Non avrebbe avuto obiezioni ad arrivare eventualmente ad una soluzione finale con due stati, ma solo se fosse chiaro a tutti che quell'esito doveva essere preceduto da un processo di costruzione, passo dopo passo, delle capacità e la fiducia reciproca". Kissinger usò questa tattica graduale per mettere fine alla guerra del Kippur nel 1973, imponendo l'ordine fra Israele e i suoi vicini arabi tutt'ora in vigore, che ha permesso successi sviluppi di pace, come gli accordi di Abramo. Allora, ricorda Indyk, Kissinger riuscì a ottenere un cessate il fuoco in soli 16 giorni, poi lanciò un processo basato su accordi ad interim, non di fine conflitto. Nei tre anni successivi negoziò due ritiri di forze, fra Israele ed Egitto, e fra Israele e Siria. "Ciò ebbe l'effetto di far uscire l'Egitto dal conflitto con Israele, di stabilizzare il confine fra Israele e Siria e rendere impossibile per altri arabi l'ipotesi di entrare in guerra", spiega Indyk. Di mentalità conservatrice, Kissinger era sospettoso di chi metteva troppa passione nel voler imporre la pace, rischiando così, riteneva, di portare a nuove guerre in quello che lui definiva "il paradosso della pace". All'epoca della guerra del Kippur, Kissinger tirò il freno su possibili accordi di pace ed è solo nel 1979, con il presidente americano Jimmy Carter, che si arrivò alla pace di Camp David fra Israele ed Egitto. Indik chiese a Kissinger se non rimpiangeva di non averci provato lui per primo. "No, affatto – rispose – Sono felice che sia successo, io ero preoccupato che se avessi spinto le parti troppo bruscamente verso la pace avrei finito per rompere tutto". —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)