Van Rompuy-Ashton: un ticket al ribasso per la nuova Europa?
Van Rompuy-Ashton: un ticket al ribasso per la nuova Europa?
Il vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea, riunito nella giornata di ieri a Bruxelles, ha ultimato quel lungo iter che, partito con la firma del trattato di Lisbona nel 2007, ha portato fino alla ratifica del trattato stesso da parte di tutti gli stati membri e alla nomina del primo presidente del consiglio dell’Unione Europea e del ministro degli esteri comunitario (che è anche vice-presidente della Commissione europea).
[ad]Un accordo di qualche settimana fa aveva portato ad indicare come “sherpa” della situazione, ovvero coloro che devono guidare e ultimare le trattative, i gruppi politici dell’Unione Europea, che dovevano individuare le personalità più adatte per queste due cariche.
Si è quindi giunti ad un accordo di massima che prevedeva la presidenza del consiglio ad un popolare e il ministero degli esteri europeo ad un socialista. Capi di governo, dell’una e dell’altra parte, ed esponenti di primo piano della politica comunitaria si sono messi al lavoro quindi per trovare una quadra.
Tra i popolari subito spunta fuori un superfavorito: il premier belga Herman Van Rompuy, considerato sicuro europeista e buon mediatore (del resto bisogna veramente essere molto abili nel districarsi tra i lacci e i lacciuoli nella politica belga!). Altri nomi spuntati per questo incarico sono quelli del primo ministro lussemburghese Juncker e di quello olandese Balkenende.
Tra i socialisti gli incaricati a sondare il terreno sono il primo ministro spagnolo Zapatero, il cancelliere austriaco Faymann, e il presidente del Partito del Socialismo Europeo Rasmussen.
Si arriva sostanzialmente a due candidati: l’italiano Massimo D’Alema e il britannico David Miliband.
Per entrambe le cariche la Commissione europea aveva chiesto solo due requisiti alle famiglie politiche europee: il presidente deve essere stato almeno un ex primo ministro e il ministro degli esteri deve essere anch’egli un ex premier o almeno un ex ministro degli esteri.
Da qui la rosa dei candidati ufficiosa che per giorni è circolata nelle stanze delle cancellerie europee. Nonostante tutto la mossa politica centrale della vicenda è stata escogiata a Londra: si discute spesso della indisponibilità di Miliband a ricoprire infatti l’incarico di “Mr. Pesc”. Questo perché, sostengono autorevoli commentatori britannici, Miliband in realtà sarebbe già pronto a prendersi la leadership del Partito Laburista, in grande difficoltà in vista delle elezioni generali di maggio, o comunque sarebbe pronto a guidarlo anche in caso di sconfitta. Tra l’altro il primo ministro Gordon Brown, esponente della famiglia socialista europea, si impunta e richiede per il centro-sinistra europeo l’incarico di presidente del Consiglio. E per quell’incarico fa un nome che già circolava da mesi: Tony Blair.
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