ll paradosso dell’età della pensione in diminuzione (ma così non è stato): il report Istat che sorprende
La riforma pensioni continua a rappresentare una questione aperta e, al contempo, un’esigenza non rinviabile. Grazie ad essa sarà possibile salvare i conti pubblici, gravati oggi da una ingentissima spesa previdenziale: non a caso oggi non mancano gli esponenti politici, che sostengono l’opportunità di rivedere integralmente il sistema dei canali agevolati per il pensionamento. Sarebbero troppi e non sostenibili nel lungo termine dalle casse dello Stato.
Il paradosso, però, è dietro l’angolo o meglio, emerge dalle ultime indicazioni fornite da Istat. Che cosa è evidenziato? Ebbene, l’età della pensione – dopo la pandemia e le conseguenze che ha portato con sé – avrebbe dovuto scendere. Così tuttavia non è stato. Vediamo qualche dettaglio.
Età della pensione in diminuzione? Il paradosso spiegato dall’Istat
L’Istat è quell’istituto che svolge, a favore della collettività, un’approfondita attività di produzione e comunicazione di informazioni statistiche, analisi e previsioni di alta qualità in ambito economico, sociale e ambientale. Tra i report più interessanti, spicca, recentemente, quello intitolato “Aggiornamento dei parametri demografici sottostanti la normativa previdenziale“.
In esso l’Istat spiega altresì che:
- se la vigente normativa in campo previdenziale avesse permesso di adeguare l’età pensionabile non soltanto agli aumenti medi della speranza di vita ma altresì alle diminuzioni medie della stessa, nei tempi odierni l’età di pensionamento dovrebbe essere pari non a 67 anni (pensione di vecchiaia) ma a 66 anni e 8 mesi
- conseguentemente i lavoratori e le lavoratrici dovrebbero poter uscire dal lavoro 4 mesi prima rispetto al regime odierno
Infatti l’adeguamento scattato il primo gennaio dello scorso anno – eseguito per legge sulla differenza tra la media di speranza di vita nel 2019-20 rispetto al 2017-18 – avrebbe dovuto mostrare una diminuzione di un trimestre, a causa dell‘aumento dei decessi causa pandemia. Non solo. Un ulteriore mese in meno avrebbe dovuto essere aggiunto il primo gennaio 2025 sulla scorta della differenza dell’aspettativa di vita nel 2021-22 rispetto al 2019-20. Una sorta di ulteriore effetto legato alla pandemia e ai decessi collegati.
Ma, come dicevamo, così non è stato. Gli adeguamenti sono stati nulli per un motivo molto semplice: la legge in materia dispone solo variazioni al rialzo e non ammette le operazioni contrarie. Ecco allora creato il paradosso che, di fatto, genera una iniquità sostanziale.
Per ulteriori informazioni su questi temi rinviamo comunque al testo completo del report, disponibile in questa pagina.