Se il PIL italiano nel 2024 non pare destinato a mostrare segnali assai positivi – con una crescita economica che non entusiasmerà – non pare tuttavia che la situazione sarà migliore in Germania. O almeno questa è l’opinione dell’istituto tedesco Ifo, il quale ha nuovamente abbassato le previsioni di crescita economica per l’anno in corso.
L’economia italiana ha ristagnato alla fine dello scorso anno, con un Pil che è salito dello 0,7% e – per il 2024 – la crescita sarà corrispondente ad un +0,6% – questo il dato del bollettino economico della Banca d’Italia, che potrà essere confermato o meno dall’andamento dell’economia nei mesi a venire.
Ma è in riferimento al PIL tedesco che le notizie sono davvero poco rassicuranti, considerando che la Germania è stata finora la locomotiva d’Europa. L’istituto Ifo indica che la prima economia d’Europa crescerà solo dello 0,7% nel 2024, contro il dato percentuale dello 0,9% previsto in precedenza a metà dicembre. Un -0,2% che sicuramente peserà nei conti pubblici del paese guidato dal cancelliere Scholz.
PIL Germania 2024: tagliate le stime di crescita
L’istituto Ifo è un centro di ricerca con sede a Monaco di Baviera e tra i più grandi think tank economici del paese, con la funzione di analizzarne la politica economica. Proprio dalle parole di Timo Wollmershauser, responsabile delle previsioni dell’istituto, il quadro per il 2024 appare piuttosto chiaro: “Ora che la commissione per il bilancio del parlamento tedesco ha approvato il bilancio federale, stimiamo che esso abbia permesso ulteriori risparmi di poco meno di 19 miliardi di euro“. Il responsabile ha altresì rimarcato che le aziende e le famiglie avranno un onere maggiore o riceveranno meno aiuti, e la spesa pubblica sarà tagliata.
L’istituto ha poi aggiunto che lo scenario, nel suo complesso, è più o meno in linea con quanto stimato nelle previsioni per il 2024, risalenti allo scorso dicembre. Wollmershauser sottolinea che l’impatto economico sarà probabilmente di pari entità, ma è vero che l’aggiornamento al ribasso del PIL Germania non fa ben sperare entro i confini di quel paese.
Da notare che le misure per consolidare il bilancio teutonico si sono rese obbligatorie dopo che la Corte Costituzionale federale del paese ha dichiarato, lo scorso novembre, che il conferimento – da parte del governo – al Fondo per il clima e la trasformazione, del credito non utilizzato – originariamente destinato alla pandemia – era incostituzionale e perciò nullo.
Inoltre, alla data della preparazione delle previsioni economiche Ifo di fine 2023, non era certo in che misura la spesa sarebbe stata tagliata o le tasse incrementate. Ecco perché la previsione presupponeva che tutte le misure di politica fiscale, programmate fino a quel momento, sarebbero state realizzate – al di là del gap di bilancio. E, in quanto erano prevedibili ulteriori sforzi di risanamento per colmare il gap di bilancio, la previsione includeva uno scenario di rischio che valutava l’impatto sull’economia tedesca di un pacchetto globale di misure – uguale a circa 20 miliardi di euro.
Economia della Germania in recessione dallo scorso anno
Quanto sopra appare perfettamente in linea con chi sostiene che la locomotiva d’Europa ormai non corre più. Vero è che l’economia tedesca è entrata in recessione nel corso del 2023, con una diminuzione dello 0,3% del PIL, gravato dalla crisi del settore industriale che patisce i costi dell’energia e delle difficoltà dell’export.
Oltre ad un gran numero di imprese del paese che stanno dichiarando fallimento, oggi l’economia tedesca paga più di altre la crisi del settore industriale, in quanto quest’ultimo rappresenta circa il 20% della ricchezza prodotta. La produzione resta al di sotto di più del 9% rispetto al livello pre-pandemia. Gli esperti fanno notare che a determinare questa situazione è stata una contrazione della domanda interna, per l’inflazione in crescita, e una frenata delle esportazioni soprattutto in Cina e negli Usa. Insomma, per l’economia tedesca – almeno per il momento – è ancora lontana la luce in fondo al tunnel. E il PIL tedesco ne è la prova.