Ma chi la fa la comunicazione del Partito Democratico, Topo Gigio?
Ma chi la fa la comunicazione del Partito Democratico, Topo Gigio?
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Non pensate all’elefante, mi raccomando. Non dovete ASSOLUTAMENTE pensare all’elefante. È necessario, anzi vitale, che voi non pensiate all’elefante. Bene, nonostante queste raccomandazioni, qual è l’animale che d’un tratto si è materializzato nei vostri pensieri? Qual è la bestia su cui indugiano le vostre elucubrazioni? Ma è chiaro: l’elefante! In un saggio divenuto best-seller negli Usa e intitolato, appunto, “Non pensare all’elefante!”, il linguista George Lakoff analizzava in maniera brillante il grave errore comunicativo commesso dalla sinistra americana durante la presidenza di Bush figlio: se parli con la stessa lingua del tuo avversario finisci per veicolarne le idee, rafforzandole. Il fenomeno dell'”elefante rosa” è diventato famoso nel mondo della psicologia e serve a dimostrare che più proviamo a scacciare dei pensieri invasivi che non ci piacciono, più aumenta la probabilità che quei pensieri rimangano conficcati nella nostra testa.
Immemore dei grossolani, giganteschi autogol comunicativi realizzati dalla sinistra negli oltre vent’anni di dominio berlusconiano sulla scena pubblica, il PD ha pensato bene di aggiornare la sua personalissima galleria degli orrori con una nuova chicca tutta da ridere. Mi riferisco ovviamente al leggendario post in cui lo scorso 27 aprile gli account ufficiali del PD hanno pensato bene di appiccicare la scritta “Ignoralo” a caratteri cubitali sulla faccia di Roberto Vannacci – candidato con la Lega alle prossime elezioni europee – invitando followers e potenziali elettori a distogliere la loro attenzione dalle “parole d’odio” del generale, che non viene nominato in virtù di una finissima strategia che ha avuto come risultato quello di moltiplicare reazioni e condivisioni del post, rendendolo uno dei più visti della storia social dei dem, e quindi di regalare ulteriore pubblicità gratuita all’autore de “Il mondo al contrario”, già cliccatissimo nelle ricerche sul web e sempre conteso dalle tv. Il tutto accompagnato da un festival di meme, pernacchie virtuali e spassosissime prese per il culo – a partire dalla ‘trollata’ dello stesso Vannacci, che ha trasformato lo slogan/boomerang in una maglietta – verso una delle campagne più ridicole che il PD abbia mai partorito.
Non occorre un grosso sforzo di memoria per trovare qualcosa di altrettanto imbarazzante. Grave errore, da ‘matita blu’, fu per esempio quello dell’allora segretario dem Walter Veltroni in occasione della campagna elettorale per le politiche del 2008, la prima affrontata dal neonato Partito Democratico: per riferirsi a Silvio Berlusconi, il grande ‘elefante rosa’ a cui la sinistra non ha mai smesso di pensare (nemmeno dopo la sua morte), l’ex sindaco di Roma ricorse a una perifrasi, indicandolo come “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”. Schieramento che poi, curiosamente, vinse le elezioni governando per i successivi tre anni prima della crisi degli spread e dell’arrivo a Palazzo Chigi del ‘tecnico’ Mario Monti.
Come non ricordare poi la coreografia “lo smacchiamo, lo smacchiamo!” eseguita sulle note di “We Will Rock You” sul tetto della sede del PD al Nazareno: un capolavoro del ‘cringe’ che incredibilmente non bastò alla gioiosa macchina da guerra comunicativa di Pier Luigi Bersani per sgominare il ‘giaguaro’ Silvio Berlusconi alle politiche del 2013.
Le elezioni finirono con un clamoroso pareggio tra PDL, PD e Movimento 5 Stelle nonostante i dem sentissero il profumo del trionfo. Pensava di avere la vittoria in tasca anche Matteo Renzi quando nel 2016 commise il peccato mortale di personalizzare su di sé la sfida del referendum costituzionale (“se perdo, lascio la politica”); i tantissimi elettori a cui stava sulle palle non si lasciarono sfuggire la ghiotta occasione di mandarlo a casa e infatti l’attuale senatore semplice di Rignano dovette sloggiare da Palazzo Chigi dopo la schiacciante vittoria del No.
Ma l’impressione è che con Elly Schlein il Partito Democratico stia provando a battere il record delle cappellate sul piano della comunicazione: dalla mitologica armocromista a cui la segretaria PD ha scelto di affidare la selezione dei propri outfit (con risultati che sarà solo la storia a giudicare) fino al balletto che ha portato alla sua candidatura alle europee, dove il nome di Schlein non comparirà nel simbolo dem sulla scheda perché troppo “divisivo” (ipsa dixit); per non parlare della tiritera sull’opportunità di candidare o meno Ilaria Salis (che alla fine correrà con Alleanza Verdi Sinistra), della gestione del caso Bari, utilizzato da Schlein per annunciare un repulisti di correnti e cacicchi – gli stessi che tengono in vita la sua segreteria -, o della posizione ambigua sulla guerra in Ucraina e sul sostegno militare a Kiev.
Come spiegato su L’Espresso dalla semiologa Giovanna Cosenza, allieva di Umberto Eco, “la tradizione di cattiva comunicazione del PD risale dalla sua nascita” e la retorica di Schlein “rientra in questo filone: parole lontane dalla quotidianità, eccesso di astrazione. Nessun esempio concreto o percepibile”. Una strategia che fa acqua soprattutto sul versante social, un campo che i dem presidiano meno di altre forze politiche. Il giornalista e consulente di Public speaking Patrick Facciolo, ospite del podcast di Dario Moccia, non ha esitato a definire “disastrosa” la performance sui social della leader del PD. Live fatte col cellulare “senza ripresa microfonica diretta”, movimenti confusi sui palchi e “persone che la inseguono sulle scalette”: sono alcuni degli errori più grossolani evidenziati dall’esperto di comunicazione. Qualcosa di “incredibile”, osserva ancora Facciolo, dal momento che il Partito Democratico oggi è la forza politica che incassa più soldi dal 2×1000 ma nonostante la mole di risorse a disposizione resta il partito che produce “la comunicazione meno efficace di tutti”. Per citare una celebre battuta di Aldo Giovanni e Giacomo, “il mio falegname con trentamila lire la fa meglio…”.
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