Risultati Europee 2024: lo spiegone partito per partito

Pubblicato il 11 Giugno 2024 alle 17:32 Autore: Alessandro Faggiano
Risultati Europee 2024: lo spiegone partito per partito

Risultati Europee 2024: lo spiegone partito per partito

Disclaimer: questo è un articolo di opinione che riflette l’idea personale dell’autore e che non ha subito alcuna revisione o modifica da parte di Termometro Politico.

Chiusa la partita delle Europee è giunto il momento di tirare le somme e vedere cosa è realmente successo in Italia l’8 e 9 giugno. Facciamo un’analisi partito per partito e vediamo chi è che può realmente sorridere e chi invece dovrà fare l’analisi della sconfitta. Partiamo da Fratelli d’Italia, che si conferma il primo partito d’Italia senza nessuna particolare sorpresa.

Fratelli d’Italia: la scommessa, vinta, di Giorgia

Giorgia Meloni ha vinto nella sua scommessa di personalizzare la competizione, chiedendo di scrivere il suo nome sulla scheda elettorale, e questo le ha portato degli importanti dividendi. Una scommessa vinta che le garantisce di mantenere il controllo delle situazioni, specialmente all’interno della sua stessa coalizione, dove Forza Italia e Lega si sono ritrovate praticamente appaiate e senza la possibilità né per l’una né per l’altra di considerarsi realmente vincitori o vinti. Giorgia Meloni quindi continua ad essere il punto di riferimento per i conservatori europei e in particolar modo assume maggiore peso grazie ai risultati che vengono dal resto d’Europa, che sono tendenzialmente negativi per gli schieramenti di governo, come il caso appunto di Emmanuel Macron in Francia o di Scholz in Germania.

Al primo appuntamento elettorale probante dopo quello delle politiche nazionali del 2022, Giorgia Meloni fa centro, ed è un grande risultato o un grande dato, considerando che stare al governo porta ad una progressiva erosione del consenso. Fratelli d’Italia quindi sorride, e in particolare la sua leadership. C’è da segnalare che nessun candidato tra le liste di Fratelli d’Italia ha ottenuto un risultato particolarmente importante e la gran parte delle preferenze espresse dagli elettori sono andate proprio a Giorgia Meloni.

C’è una particolare difficoltà in questo momento nel trovare altre figure che possono accompagnare l’attuale Presidente del Governo in prima linea, al di là di Guido Crosetto, attuale ministro della Difesa. La vittoria di Giorgia Meloni è quindi frutto di una serie di elementi sia interni a Fratelli d’Italia stesso e al lavoro svolto da Giorgia Meloni in ambito di comunicazione, sia dal contesto esterno in cui si è ritrovata facilitata grazie anche al momento particolarmente complicato vissuto dalla Lega, che è il principale antagonista nell’area conservatrice in cui entrambi i partiti cercano di prendere il massimo del consenso. Tra i partiti maggiori, Fratelli d’Italia è anche l’unica forza politica che fa registrare un segno positivo rispetto alle passate elezioni europee. Qui, però, c’è da fare un altro tipo di analisi che è relativo alla crescente massa del partito dell’astensione.

Forza Italia effettua un sorpasso non decisivo

Rimanendo nell’alveo del centrodestra, la competizione più interessante, che era tra Forza Italia e Lega, ha visto una vittoria por la mínima del partito di Antonio Tajani, una vittoria, un sorpasso che però è stato così risicato che non permette né facilita in alcun modo un possibile rimpasto di governo. Forza Italia si è presentata a queste elezioni europee facendo leva sull’eredità lasciata dal Patriarca del centrodestra e ha cercato di sfondare tra i moderati, andando a prendere il più possibile quell’elettorato di centrodestra prevalentemente liberale ed europeista. Un risultato che fino a qualche mese fa sarebbe stato decisamente impossibile da pronosticare, considerata la natura propriamente personalista del partito fondato sulla figura del suo leader Silvio Berlusconi. In questo momento il paradosso è che Antonio Tajani è il leader più anonimo di tutta la scena politica. La specificità in questo momento di Forza Italia è proprio quindi la mancata centralità del leader politico, e non è un caso che i forzisti abbiano adottato una campagna elettorale molto prima repubblicana, cercando di spingere fortemente nelle sedi territoriali e facendo una campagna molto meno social e molto più territoriale.

Il Carroccio su strade dissestate: il generale e il capitano

Se Forza Italia può quindi vantare una vittoria minima (ma pur sempre una vittoria), per la Lega in realtà non si tratta né di una vittoria né di una sconfitta. Paradossalmente: l’incertezza legata al dato elettorale complica ulteriormente le cose al Carroccio. Il risultato ottenuto è così nel mezzo che non si può né dire che Salvini abbia realmente perso il polso della situazione, né tantomeno riaffermare la sua leadership sul partito. Quello che è successo a porte aperte con la dichiarazione delle intenzioni di voto di Bossi a favore di un candidato di Forza Italia dimostra quanto la Lega sia in questo momento il partito più spaccato e apertamente dilaniato tra quella corrente storica regionalista e settentrionalista rispetto a quella portata avanti da Matteo Salvini, in questo momento fortemente legata all’identità nazionale e al progetto delle nuove destre europee. Considerata la situazione complicata in cui Salvini ha dovuto operare, il risultato non è necessariamente una bocciatura.

Rimane chiaramente aperto lo scenario per il futuro e si aprirà, anzi si spalancherà, una fase di lotta intestina in cui solo uno potrà avere la meglio tra Matteo Salvini e una certa parte dell’apparato leghista favorevole ad andare in un’altra direzione (Zaia? Fedriga?). Dalla sua parte, la Lega può contare sull’appoggio di alcuni dei principali leader di destra dell’Unione Europea, in primis Marie Le Pen, che è riuscita a sfondare le resistenze di Emmanuel Macron e a forzare le elezioni anticipate per il rinnovo del parlamento francese. Inoltre, Fratelli d’Italia sembra avere abbandonato la parte più estrema dello scacchiere politico e Salvini cerca di tuffarsi in una sfida complicata, considerando che lo stesso segretario del Carroccio viene da una traiettoria e una parabola discendente dopo l’apice raggiunto nel 2019. Salvini si affida così al generale Vannacci, sperando che finalmente si possa invertire la rotta. Un generale e un capitano insieme dovrebbero fare una bella accoppiata.

Promosso il governo, ma il campo largo a guida PD vede una soluzione

Nel complesso, la coalizione di centrodestra mantiene e anzi rinsalda leggermente la sua posizione. Si tratta di uno dei pochi casi visti in Europa in cui la coalizione di governo riesce a migliorare i propri risultati rispetto alle politiche nazionali, e questo fa ben sperare Giorgia Meloni e accoliti. Dall’altra parte, però, si apre uno scenario decisamente interessante per un’opposizione, quella del Campo Largo, che potrebbe realmente tenere testa all’attuale coalizione di governo. Se Giorgia Meloni può fregiarsi della vittoria in termini percentuali ottenuta quest’anno alle politiche europee, anche Elly Schlein può mettere a referto quello che è stato il suo primo successo elettorale su scala nazionale, staccando in maniera notevole il MoVimento 5 Stelle, il grande competitor come primo partito di opposizione, e avvicinandosi in termini percentuali a Fratelli d’Italia.

Schlein assesta il primo colpo e ringrazia gli amministratori: Decaro fattore decisivo

Una vittoria importante per potersi affermare come attore chiave principale attorno a cui costruire l’alternativa al governo di centrodestra. Un gran peso in questa vittoria è stato legato ai candidati espressi dalle liste territoriali. Il caso più emblematico è quello di Antonio Decaro, sindaco di Bari, che è riuscito ad ottenere addirittura mezzo milione di preferenze, risultando di gran lunga il candidato non leader più votato in assoluto in una singola circoscrizione. La scelta di Elly Schlein di portare tante figure di riferimento dei territori come candidati principali nelle varie circoscrizioni elettorali ha garantito un boost elettorale notevole, andando ad intaccare in maniera preponderante quel voto che era destinato al MoVimento 5 Stelle, che sotto la guida di Giuseppe Conte è diventato un punto di riferimento per una buona parte dell’elettorato progressista d’Italia.

Il buon risultato ottenuto da Elly Schlein le potrà permettere anche di tenere maggiormente a bada i possibili avversari interni e coloro che auspicavano, fino a queste ultime elezioni, un riavvicinamento al centro e un recupero dell’intesa con Calenda e addirittura con Matteo Renzi. Considerata la situazione attuale, il Partito Democratico sembra poter essere l’attore di riferimento per poter mettere a sistema e guidare la coalizione progressista, comprendente MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra. Il modo per condurre questa coalizione può essere solo unicamente attraverso il focus sui diritti sociali, sul lavoro, sull’economia e sull’ambiente.

M5S: mancano i nomi, manca radicamento

Tra gli sconfitti di questa tornata elettorale c’è senza dubbio il MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, una sconfitta che però non è legata propriamente a una diaspora dell’elettorato, quanto più alla mancanza di figure autorevoli sui territori e nelle liste presentate, con candidati decisamente deboli che hanno portato tanti elettori a scegliere delle alternative progressiste come per l’appunto Partito Democratico o Alleanza Verdi-Sinistra. Molti, invece, sono finiti nel grandissimo calderone dell’astensione. La posizione del MoVimento 5 Stelle tra l’altro non è così ben definita, così come quella degli altri partiti progressisti in campo in questa tornata elettorale, considerata la mancanza di un gruppo preciso a cui affiliarsi una volta eletti per andare a Bruxelles. Il MoVimento 5 Stelle rimane il terzo partito in Italia, pur vedendo Forza Italia e Lega avvicinarsi pericolosamente. All’interno del campo progressista, i pentastellati rimangono senza particolari problemi la seconda forza politica. Difficile inoltre che possano esserci ribaltoni, considerata la forte leadership di Giuseppe Conte e il rafforzamento e radicamento nel campo del centrosinistra che sta portando avanti da ormai qualche anno. Da partito catch all, il MoVimento 5 Stelle è diventato un partito a forte trazione progressista mancante però di radicamento territoriale. Queste elezioni europee non hanno fatto eccezione, vi è ancora una volta la formazione politica di Giuseppe Conte ha pagato dazio.

Il risultato a sorpresa è quello che segnala la via per la sinistra: AvS completa la triade progressista

Il vincitore a sorpresa di queste elezioni europee invece non può che essere l’Alleanza Verdi-Sinistra guidata da Bonelli e Fratoianni, un risultato importante considerata la storica difficoltà della sinistra più a sinistra del Partito Democratico ad affermarsi con percentuali che siano anche leggermente superiori rispetto alla soglia di sbarramento. L’Alleanza Verdi-Sinistra è riuscita a capitalizzare e ad ottenere quasi il 7% dei voti e nel complesso aumenta il suo bottino rispetto alle politiche del 2022 di mezzo milione di voti. Insieme a MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico, è il terzo partito più votato tra gli under 30 ed è per distacco il partito più forte tra i votanti fuori sede, superando addirittura il 40%. Uno dei problemi atavici della sinistra italiana riguarda la poca fiducia nel risultato finale, e spesso la sinistra italiana ha pagato per il voto utile. Questo risultato invece può permettere a un elettorato fortemente progressista e ambientalista di ritrovare un minimo di fiducia nel futuro in una proposta politica che non sia fortemente minoritaria e poco incidente nelle dinamiche nazionali ed europee. L’exploit di AvS inoltre certifica quali sono gli elementi più importanti per i giovani, ovvero l’economia con la lotta alla povertà e i bassi salari, e la sfida globale riguardante il cambiamento climatico, i punti da cui partire per poter cambiare il paradigma culturale italiano che è attualmente appannaggio della destra conservatrice e liberale.

Lo scontro fratricida: i veri sconfitti sono i liberali riformisti

I grandi sconfitti da queste elezioni europee sono chiaramente i due leader del centro liberale, Carlo Calenda e Matteo Renzi, una sfida di ego che ha portato a un risultato nefasto per entrambi, non riuscendo ad arrivare alla soglia del 4% necessaria per entrare in Parlamento. Nel complesso parliamo di circa un 7% di voto liberale e riformista che è stato praticamente buttato. In questo momento è difficile capire come potrà andare avanti tutto il movimento liberale centrista italiano. L’ego di Calenda e Renzi ha impedito di arrivare a un accordo che secondo le basi elettorali sarebbe stato più che necessario. La sconfitta più grande probabilmente è quella dell’ex Premier Matteo Renzi, che nonostante il supporto di Emma Bonino e di varie liste civiche e presenze territoriali non è riuscito ad ottenere il fatidico 4%.

La vera vittoria, però, è quella del partito dell’astensione

Per quanto abbiamo detto che i vincitori di questa competizione a conti fatti siano Giorgia Meloni, Elly Schlein, Fratoianni e Bonelli, il vero partito maggioritario del paese in questo momento è quello dell’astensione. Per la prima volta in Italia, l’affluenza alle europee è stata inferiore al 50%, sintomo di una campagna elettorale che è stata tutt’altro che ricca di contenuti e che si è basata in buona parte su scambi di accuse e poca concretezza programmatica. In particolare, Schlein e Meloni sono riuscite a monopolizzare l’attenzione e il loro scontro personale ha garantito alle due leader di Fratelli d’Italia e del Partito Democratico di avere il massimo della copertura mediatica e presentarsi quindi come le principali leader del paese. Una dinamica di scontro che ha portato frutti ad entrambe e che quindi potrebbe andare avanti per tanto tempo ancora: un “odi et amo” con un “odi” in pubblico e un “t’amo” detto tra le righe, o meglio nella riga che separa il primo dal secondo partito d’Italia.

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L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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