La pensione nel duemila-mai
La pensione nel duemila-mai
Disclaimer: questo è un articolo di opinione che riflette l’idea personale dell’autore e che non ha subito alcuna revisione o modifica da parte di Termometro Politico.
Le temperature medie del globo continuano a salire mese dopo mese e in Italia sale ad un ritmo ancora più sostenuto l’età pensionabile. In particolare, l’ultimo studio dell’INPS mostra come per la gran parte dei trentenni la pensione arriverà alla soglia dei 70 anni. E si tratta di una stima al ribasso. Il calcolatore dell’INPS prevede che un ragazzo che comincia a lavorare in maniera stabile dai 27-28 anni abbia poi l’opportunità di lavorare incessantemente fino al suo pensionamento, una visione quanto mai ottimistica che riflette una visione decisamente distorta della realtà.
Problemi di comunicazione
Al di là quindi della riforma pensionistica, che è un tema fortemente tecnico e che ha difficoltà oggettive nell’essere portato avanti a causa dell’inversione della piramide demografica, c’è da rilevare quello che è un grande gap generazionale e di incomunicabilità tra le generazioni più giovani e quelle che sono pensionate o prossime alla pensione. Si tratta di concepire il mondo del lavoro e di viverlo in maniera completamente diversa. I giovani d’oggi sono consapevoli e vivono sulla propria pelle un costante stato di incertezza, dove il termine flessibilità si è sostituito a quello di precarietà, e dove l’idea di un posto fisso si è trasformata in una chimera.
Rette e curve
Dall’altra parte, invece, abbiamo una generazione di persone che, in linea di massima e mantenendoci sul generale, ha avuto un cammino decisamente più lineare, con prospettive economiche, lavorative e familiari molto più facilmente inquadrabili rispetto a quelle dei loro figli. Si apre quindi un discorso legato alla comunicazione intergenerazionale che ci deve spingere alla riflessione: tra millennial e generazione Z da un lato e boomer e generazione X dall’altro, c’è un muro legato a vissuti di due mondi completamente diversi. È cambiato in particolare il modello economico e produttivo, con l’esacerbazione di un modello neoliberista improntato necessariamente, per la sua stessa natura, alla precarietà, che porta le nuove generazioni a un carico di insicurezza e incertezze sul futuro, decisamente maggiore rispetto a quella dei propri padri e delle proprie madri.
Povertà lavorativa e futuro incerto
Se prima bastava un solo stipendio per mantenere una famiglia di quattro persone, in questo momento la povertà lavorativa attanaglia e sale in una maggioranza silenziosa di giovani, una maggioranza non rappresentata e spesso inascoltata, che impedisce ai trentenni e ai ventenni di oggi di poter progettare, di poter pensare anche solo di mettere su famiglia o di ottenere l’indipendenza economica. Si badi bene, si tratta sempre di una generalizzazione che serve a spiegare qual è la tonica in un certo momento storico.
Una delle domande per questo secolo
Dati questi presupposti, la stessa idea di pensione va al di là di un tempo che è già di per sé incerto. Arriviamo così al punto chiave, senza avere però nessuna risposta a questa domanda: con una piramide demografica rovesciata e ormai impossibile da rimettere a posto, come si garantisce una continuità di assistenza ad una popolazione che invecchia anno dopo anno? Anche qualora una riforma pensionistica permettesse di alleggerire per un certo periodo di tempo la pressione sulle casse statali, rimarrebbe comunque un problema a medio e soprattutto a lungo termine. Questo rientra tra i grandi temi di cui deve occuparsi la politica in questo ventunesimo secolo, specialmente in Occidente, con una popolazione che è destinata all’invecchiamento e con una quantità di forza lavoro via via minore.
Soli e poveri
La mancanza di figli, o lo scarso tasso di natalità, comportano anche un’erosione di quelli che sono i legami assistenziali familiari che vanno al di là dello Stato. Sempre più persone tra millennial e generazione Z si troveranno a fare i conti con la solitudine e a non avere nessuno su cui fare affidamento. Al di là quindi della spesa pensionistica, che è destinata a salire in maniera esponenziale, va aggiunta anche la componente relativa a tutte quelle spese per il benessere della persona, di cui in questo momento si fanno carico la gran parte delle famiglie italiane per i loro anziani.
Si delinea così un quadro assolutamente desolante in cui non si vedono spiragli di soluzione, a meno che non si trovino soluzioni radicali. La stima che viene fatta in questo momento dai simulatori dell’INPS per i trentenni è solo un segnale, così come la registrazione mese per mese di un caldo record in tutto il mondo è indicativo di qualcosa di ancora più grave, ancora più incombente. Non c’è solo il tema del blocco dell’ascensore sociale, non è più solo una questione di salari bassi e di precarizzazione della vita lavorativa e della vita stessa: è una questione sistemica e bisogna ripensare alle fondamenta della struttura per poter trovare delle vere soluzioni. Forse è superfluo aggiungere che questo complesso lavoro di problem solving vada portato avanti prioritariamente dai diretti interessati, e auspicando la creazione di un ponte tra quei mondi sopracitati.
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