Autonomia differenziata: cosa prevede? Gli snodi principali
Autonomia differenziata: cosa prevede? Gli snodi principali
Autonomia differenziata: insieme al premierato uno dei cardini del programma del Governo Meloni. Il disegno di legge che la prevede è stato approvato in via definitiva dalla Camera. In arrivo maggiori poteri per le regioni su alcuni ambiti finora di stretta competenza statale. Cosa prevede nel dettaglio la riforma? Una panoramica degli snodi principali.
Autonomia differenziata: approvata in via definitiva
Autonomia differenziata: la riforma che la prevede è stata approvata in via definitiva. Cosa prevede nel dettaglio il disegno di legge? In sostanza, maggiori poteri per le regioni su alcuni ambiti finora di stretta competenza statale. Per scendere nel dettaglio invece occorre un preambolo. Secondo l’articolo 117 della Costituzione lo Stato (cioè il Governo) ha la prerogativa di legiferare su alcune materie, per esempio la politica estera. Su altre 20 materie tale potere è condiviso con le regioni (tutela della salute, beni culturali, protezione civile tra gli altri).
Inoltre, l’articolo 116 della Costituzione permette alle regioni di richiedere una certa autonomia su queste 20 materie. Per la concessione di tale autonomia serve il voto favorevole della maggioranza assoluta del Parlamento a seguito della firma di un accordo tra Stato e regione che fa richiesta di autonomia. Accordo che però deve essere siglato nel rispetto dell’articolo 119 della Costituzione che impegna lo Stato ad appiattire le disuguaglianze tra le varie parti del paese. In linea di massima, questi i paletti entro cui si muovono i complessi rapporti tra Stato e regioni.
Cosa prevede? Gli snodi principali
Autonomia differenziata: detto questo, a che livello interviene la riforma? Il disegno di legge non modificherà la Costituzione. Più che altro agisce sui principi generali del processo con cui lo Stato assegna maggiore autonomia alle regioni che ne fanno richiesta. In tale quadro pone come requisito fondamentale per l’accordo il rispetto dei Livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti Lep. Si tratta dei servizi minimi che devono essere garantiti ai cittadini a prescindere dal territorio in cui vivono (ad esempio, il numero di posti letto in ospedale o di posti negli asili nido a disposizione in ciascuna provincia). I Lep da rispettare per ottenere maggiore autonomia non è stata ancora definita.
Probabilmente saranno necessari molti anni per stabilirli con esattezza, cioè per non creare disparità tra regioni che possono garantire servizi pubblici di qualità “costituzionale” e regioni che non hanno abbastanza risorse per fare lo stesso. Dunque, è probabile che servano anni prima che il disegno di legge venga effettivamente attuato. Il tema è fortemente legato a quello del reperimento di denaro pubblico. In breve, il rischio è che si crei un sistema per cui una regione più “ricca” migliori i propri servizi in virtù di una maggiore autonomia nella gestione delle risorse che produce e concentra, allora lo Stato dovrà investire, di fatto “svenandosi”, nelle regioni più “povere” per migliorare i servizi, adeguarli sufficientemente agli standard costituzionalmente previsti.
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