L’attentato a Trump e i complotti dei coglioni (che non indignano)

Pubblicato il 15 Luglio 2024 alle 09:35 Autore: Carlo Terzo
L'attentato a Trump e i complotti dei coglioni (che non indignano)

Disclaimer: questo è un articolo di opinione che riflette l’idea personale dell’autore e che non ha subito alcuna revisione o modifica da parte di Termometro Politico.

Facciamo finta che le cose siano andate in questo modo. Il candidato democratico alle presidenziali degli Stati Uniti viene ferito in un attentato nel bel mezzo di un comizio. Il servizio di sicurezza, di cui è responsabile una persona nominata dal presidente repubblicano in carica, mostra delle evidenti falle, tant’è vero che lo sparatore riesce inspiegabilmente a raggiungere il tetto di un edificio molto vicino al raduno, dal quale può colpire indisturbato. In tutto questo un’orda di commentatori di destra si scatena sui social: parte della ‘fan base’ conservatrice si dispera perché l’azione omicida non ha ottenuto il risultato sperato, cioè la morte del candidato progressista; molti altri elettori del Grand Old Party invece gridano al complotto e accusano il politico dem di aver orchestrato tutto per accrescere il proprio consenso in vista del voto di novembre.

Ecco, chiudiamo gli occhi e immaginiamo che i fatti si siano svolti esattamente così: davanti a un simile scenario, di cosa starebbero parlando in questo momento i media mainstream? Strali apocalittici gronderebbero dalla stampa liberal, sempre molto solerte nell’additare fake news e nello smascherare complotti di ogni risma. Ma visto che a scampare all’attentato a Butler in Pennsylvania è stato il frontman dei repubblicani Donald Trump, contestatissimo ex presidente Usa, e non un democratico, rischia di passare come normale ciò che non lo è affatto.

Ho dato uno sguardo ai post social di alcune testate – tra queste CNN, New York Times e Time – inerenti al folle comizio americano: in molti, moltissimi commenti, accompagnati da migliaia di like, compare la parola “staged” (“messa in scena”, in italiano). Le opinioni più gettonate confutano in maniera secca e perentoria la versione ufficiale dell’accaduto: c’è chi parla apertamente di “false flag operation”, cioè di un’azione pianificata con l’intento di simulare un attacco, un auto-attentato in buona sostanza; chi si chiede come mai il tycoon, dopo lo sparo che gli ha sfregiato l’orecchio, non sia stato subito condotto giù dal palco ma abbia avuto il tempo di restare lì, fiero, a mostrare alle telecamere il suo volto sporco di sangue, mentre sulla sua testa campeggiava la bandiera Usa (un’immagine che è già storia e che possiamo già decretare come foto dell’anno); e non manca chi accusa polizia e servizi di non essere subito intervenuti per neutralizzare l’attentatore Thomas Matthew Crooks nonostante le segnalazioni di alcuni testimoni che avevano indicato alle forze dell’ordine il cecchino appostato sul tetto prima degli spari.

Che qualcosa nel dispositivo di sicurezza non abbia funzionato è evidente. Tant’è che il presidente Joe Biden, sfidante di Trump per la Casa Bianca, ha ordinato un’indagine indipendente sull’operato del Secret Service annunciando il rafforzamento delle misure di sicurezza a protezione del candidato repubblicano. È semplicemente ridicola e offensiva, invece, la tesi che accredita la teoria della messinscena da parte di Trump: evidentemente i geni che avallano questa follia considerano il sostenitore di Trump morto nella sparatoria una sorta di stuntman e forse magari pensano che anche il cecchino – ucciso dai servizi – sia un attore, volato poi su un’isola deserta per nascondersi agli occhi del mondo assieme a Elvis Presley e a Micheal Jackson. Quando erano i seguaci del gruppo politico di estrema destra QAnon a ipotizzare oscure trame del Deep State contro Trump, le vestali del pensiero dominante hanno sbeffeggiato questo movimento politico denunciandone la pericolosità per la tenuta della società americana soprattutto dopo il 6 gennaio 2021, quando i supporter di Trump assaltarono il Congresso per contestare il risultato delle ultime presidenziali. Ora che è una cospicua fetta dell’elettorato democratico ad abbracciare le teorie del complotto dopo un tentativo di omicidio del leader dello schieramento avverso, la cosa non indigna più di tanto (caro Leonardo Bianchi, dove sei finito? Se ci sei batti un colpo).

Molti degli eventi più tragici verificatisi nel corso della storia, soprattutto in terra statunitense, sono stati accompagnati da arzigogolate tesi cospirazioniste: basti pensare agli attentati dell’11 settembre, che secondo una parte dell’opinione pubblica più vasta di quanto si pensi sarebbero il risultato di un ‘inside job’ orchestrato dalla CIA per fornire a Geroge Bush Jr. un pretesto per le sue guerre (come se fosse stato necessario offrire a Bush motivazioni per attaccare Stati inermi). Il clima tossico in cui si sta svolgendo la campagna elettorale americana riflette il disordine che regna in molte democrazie occidentali e non da ora, vedi Brexit nel Regno Unito e gilet gialli in Francia. Elettorati sempre più polarizzati; dibattito regredito a rissa da pollaio sui social; totale delegittimazione dell’avversario politico e negazione della sua dignità: sono solo alcuni dei frutti velenosi dei nostri tempi malati. E il futuro non lascia ben sperare.

Invece di cercare in esso gli strumenti per una migliore lettura dei fatti e del mondo che ci circonda, sempre più persone utilizzano il web come una putrida fogna per intorbidire le acque e mistificare la realtà. Non sappiamo più distinguere il vero dal falso e anche quando ci troviamo di fronte a fatti conclamati, sentiamo il bisogno di confutarli o violentarli per renderli conformi alla nostra ideologia e giustificare le nostre credenze. Non sono esenti da questo modus operandi quei sostenitori di Biden che negano lo stato pietoso della sua salute e si ostinano, contro ogni logica e contro ogni evidenza, a non rendersi conto che il loro candidato semplicemente non riesce a reggersi in piedi. Come se non bastasse, lo sviluppo delle tecniche di intelligenza artificiale rischia seriamente di inserirsi in questo processo e di giocare un ruolo tragico.

Tornando all’attentato ai danni di Trump, le scene del comizio in Pennsylvania mi sono sembrate una sorta di prequel del bellissimo film “Civil War” di Alex Garland, uscito nelle sale italiane qualche mese fa: la pellicola è ambientata in un futuro distopico ma molto prossimo, in cui una guerra civile sconvolge gli Stati Uniti divisi tra Stati fedeli al presidente e Stati secessionisti tra cui Texas e California. C’è chi sostiene che se il proiettile sparato da Crooks avesse colpito Trump due centimetri più in là, a quest’ora gli Usa sarebbero sull’orlo di un conflitto civile. Mi sento di condividere quest’opinione, anche se ritengo che una sorta di guerra civile sia già in corso, a livello subliminale, nelle nostre democrazie. Ps: Donald Trump ha già vinto le elezioni di novembre. Da qui al voto presidenziale potrebbe succedere ancora di tutto, ma la Casa Bianca può solo perderla il tycoon.

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L'autore: Carlo Terzo

Opinionista, fieramente liberale. Carlo Terzo è la voce che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sentito dentro di sé.
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