Questo governo sta diventando una puntata dei Soprano

Pubblicato il 16 Settembre 2024 alle 10:15 Autore: Carlo Terzo
Questo governo è diventato una puntata dei Soprano

Questo governo sta diventando una puntata dei Soprano

Mai ci saremmo aspettati che questo governo si sarebbe trasformato in una stagione de “I Soprano”, fortunatissima serie Tv americana trasmessa dal canale HBO dal 1999 al 2007 ed eletta dalla critica come una delle opere più geniali e innovative che siano mai state create per il piccolo schermo. La serie ruota attorno alle vicende di Tony Soprano, boss di una famiglia malavitosa del New Jersey in piena crisi di mezza età e alle prese con problemi di varia natura: familiari, coniugali, ‘lavorativi’ e quindi giudiziari.

Ne “I Soprano” la mafia è soltanto un pretesto per raccontare temi universali che da secoli vengono scandagliati dalla letteratura e dal teatro come l’amicizia, il tradimento, il valore della fiducia o la solitudine del potere. Uno dei tratti distintivi di Tony Soprano, protagonista della serie superbamente interpretato da James Gandolfini, è la costante paranoia che permea le sue azioni e che caratterizza il suo modo di rapportarsi a membri della famiglia, scagnozzi e boss rivali. Dietro il sorriso di un amico di vecchia data potrebbe celarsi il ghigno di un “infame” pronto a “venderlo” ai nemici, se non alla polizia: basta un sospetto e Tony è pronto a perquisire il suo interlocutore, per scoprire se nasconde un microfono dentro la giacca. E all’occorrenza eliminarlo, scongiurando ogni pericolo. C’è il rischio che l’FBI stia intercettando la sua abitazione? Allora Tony porta tutti nel seminterrato, che grazie ai rumori della lavatrice diventa un luogo sicuro per parlare di affari con i sodali, in piena libertà.

Quando ho letto sulla Stampa la notizia che Giorgia Meloni avrebbe chiesto l’allontanamento degli agenti di polizia che avevano il compito di sorvegliare, in borghese, l’entrata del suo ufficio a Palazzo Chigi, per un istante ho pensato a “I Soprano” e alle ossessioni del suo protagonista, vittima di attacchi di panico che lo portano a frequentare lo studio di una psicanalista. Ma il perenne stato d’assedio in cui vive Tony Soprano è giustificato dal contesto criminale nel quale egli opera e dai rischi connessi allo svolgimento della sua ‘professione’. Il bunker mentale nel quale sembra essersi trincerata Meloni, invece, assume una dimensione inquietante se la presidente del Consiglio arriva addirittura a sospettare della forza pubblica deputata a garantire la sua sicurezza: un atteggiamento che tradisce una visione ‘clanica’ della politica e una sempre più traballante fiducia verso le persone che la circondano, a partire da una classe dirigente rivelatasi per quello che è, goffa e impresentabile.

Per Giorgia, nessuno meglio di sua sorella Arianna avrebbe potuto ricoprire il ruolo di responsabile della segreteria di Fratelli d’Italia; nessun capo scorta sarebbe stato più efficiente di Giuseppe Napoli, marito della sua assistente storica Patrizia Scurti, ovvero l’uomo che qualche giorno fa avrebbe chiesto agli agenti di polizia che stazionavano fuori all’ufficio della premier di togliere il disturbo; e chi mai avrebbe potuto occupare la poltrona di ministro dell’Agricoltura se non Francesco Lollobrigida, che per anni è stato il compagno della sorella (tra l’altro le quotazioni di ‘Lollo’, nel governo così come in FDI, sarebbero in picchiata dopo la separazione annunciata da Arianna lo scorso agosto poco prima che deflagrasse lo scandalo Sangiuliano…). Dio, patria, ma soprattutto famiglia.

Questo plumbeo, crepuscolare clima di veleni che accompagna la fine dell’estate del governo Meloni è stato segnato essenzialmente da due vicende, in un certo senso collegate tra loro. La prima è la denuncia del fantomatico complotto giudiziario contro Arianna Meloni dalle colonne del Giornale di Alessandro Sallusti, maxi bufala che la premier e i suoi hanno cavalcato alla grande (o addirittura ispirato, a detta di qualcuno); la seconda, l’affaire Boccia con le tragicomiche dimissioni del Ministro della Cultura. In un caso si è parlato di un’inchiesta sulla sorella della presidente del Consiglio che nei fatti ancora non esiste ma sulla quale FDI ha già potuto costruire una massiccia campagna vittimistica; nell’altro, si è provato ugualmente a paventare lo spettro di un disegno cospirativo contro il governo, ma qui le uniche manine da incolpare sono due: quella di Gennaro Sangiuliano che ha provato a inserire nello staff la sua presunta amante, esponendo l’esecutivo alla buriana che ben conosciamo, e quella di Meloni che nel 2022 piazzò l’ex direttore del TG2 a capo del MIC.

Il risultato di questa straordinaria pagina di lungimiranza politica è che da settimane gli italiani scrollano Instagram per vedere come una signorina di Pompei si diverte a sfidare le istituzioni a suon di pizzini e ultimatum stile Osama Bin Laden. Intanto i siti continuano a rilanciare ogni sospiro della Boccia, comprese le ‘stories’, al limite dello stalking, in cui l’imprenditrice campana viene immortalata nel santuario francescano di Greccio, lo stesso in cui si è recato Sangiuliano con la moglie. E per rimanere in tema di “amichettismo”, è già leggendaria l’intervista a ‘Piazzapulita’ di Fabio Tagliaferri, ex vicesindaco di Frosinone nominato a febbraio a capo di Ales (società partecipata del Ministero della Cultura), in cui l’ex gestore di autonoleggio dichiara in estasi: “Io ho il mito di Giorgia Meloni. Mi passo le giornate a vedere i suoi video perché imparo. A me Giorgia insegna”. Per fortuna che alla Cultura è arrivato l’ex presidente del Maxxi Alessandro Giuli, volto noto del giornalismo di destra e – per rimanere in tema – fratello di Antonella, storica addetta stampa di Fratelli d’Italia vicinissima ad Arianna Meloni (per rimanere sempre in tema). A Giuli l’ingrato compito di rivedere le nomine last minute disposte da Sangiuliano nelle ore precedenti alla “caduta”, sulla falsariga delle volontà dettate dal Führer nel bunker prima dell’arrivo dell’Armata Rossa.

Molti si sono stupiti della velocità con cui Meloni ha proceduto con la nomina di Giuli dopo il passo indietro di ‘Genny’. Ma la rapidità della scelta è figlia della scarsità di alternative. Oltre a Giuli, nella ‘short list’ di Meloni c’erano Pino Insegno, Osho e Tolkien, tutti e tre indisponibili. L’attore e doppiatore è impegnato in Rai con “Reazione a catena”, mentre il ‘memista’ filo-governativo è entrato nel comitato scientifico della mostra sul Futurismo. Il terzo, invece, pare sia morto.

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L'autore: Carlo Terzo

Opinionista, fieramente liberale. Carlo Terzo è la voce che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sentito dentro di sé.
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