Sondaggi elezioni Usa: quando hanno sbagliato? I casi più famosi
Sondaggi elezioni Usa: quando hanno sbagliato? I casi più famosi
Sondaggi elezioni Usa: la scienza che ruota attorno alle rilevazioni demoscopiche ha molti limiti. Limiti che si evidenziano in particolare quando di mezzo c’è un appuntamento elettorale. Per gli americani si avvicina il momento di scegliere il prossimo inquilino della Casa Bianca. Il candidato democratico Harris sembrava in vantaggio sul repubblicano Trump dopo l’abbandono della corsa da parte di Biden. Adesso, quest’ultimo viene dato nuovamente avanti. In una situazione così in evoluzione, tornano alla memoria i tanti pronostici della vigilia che poi si sono rivelati a dir poco errati.
Sondaggi elezioni Usa: quando hanno sbagliato? I casi più famosi
Sondaggi elezioni Usa: chi sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti? Grazie a una veloce rincorsa, successiva alla rinuncia dell’attuale Presidente Biden a scendere in campo per la riconferma, Kamala Harris ha prima raggiunto e poi superato, di poco, Donald Trump nelle intenzioni di voto. D’altra parte, le rilevazioni che davano in vantaggio la vicepresidente in carica si stanno progressivamente “raffreddando”.
In parallelo, il tycoon sembra recuperare consenso in vista del voto di inizio novembre. Adesso, praticamente tutti gli istituti Usa danno nuovamente Trump qualche spanna avanti. Insomma, il risultato delle elezioni americane sembra tutt’altro che scontato a mano a mano che ci si avvicina all’apertura delle urne. Un giorno Trump appare leggermente dietro la Harris, il giorno dopo si parla di testa a testa, poi ancora Trump avanti. Insomma, la situazione è piuttosto “fluida” come ama dire qualche commentatore.
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Partire da sfavorito potrebbe portare fortuna a Trump?
Sondaggi elezioni Usa: tuttavia, partire da (più o meno) “grandi” sfavoriti, alla fine, potrebbe portare “fortuna” ai candidati in corsa. In pratica, non sarebbe la prima volta che le rilevazioni della vigilia favoriscono un candidato che poi risulterà sconfitto dopo la chiusura dei seggi. Anzi, negli ultimi 40 anni circa è successo, talvolta in maniera eclatante, più di una volta.
Il caso di Trump nel 2016 insegna. All’epoca la vittoria della Clinton era data per certa “al 90%” per la stragrande maggioranza dei media americani. Vinse a livello di voto popolare (3 milioni di preferenze in più) ma alla conta dei grandi elettori, quella fondamentale, perse 232 a 306. Non era il primo abbaglio preso dai sondaggisti Usa. Nel 2012 Romney avrebbe dovuto battere Obama (anche se di misura). Alla fine il già Presidente venne riconfermato con 4 punti di voto popolare in più e con 332 grandi elettori (206 Romney). Anche 4 anni prima Obama vinse largamente contro McCain nonostante per i sondaggi fossero in parità.
Da ricordare sulla stessa linea i casi di Bush figlio contro Gore (2000), con il repubblicano che vinse contro tutti i pronostici (d’altro canto, quel risultato elettorale è tuttora oggetto di dibattito) ma anche quello di Bush padre contro Clinton (1992). I sondaggi davano il Presidente in carica in grande crescita dopo una prima fase di campagna elettorale appannata: alla fine venne travolto dal candidato democratico. Infine, altro caso molto famoso quello risalente alle elezioni del 1984, Reagan contro Mondale. Il candidato repubblicano a due settimane dal voto veniva considerato in “caduta libera”: vinse lasciando solo 13 grandi elettori allo sfidante e superandoli di circa 17 milioni di voti.
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