In Grecia la recessione è ormai giunta al quinto anno, il numero dei disoccupati, su una popolazione di circa undici milioni, ha superato il tetto di un milione nel novembre 2011: tasso record del 20,9%, in crescita del 48,7% annuo. Il debito pubblico è pari al 140% del PIL, che è diminuito del 6,8% nel 2011, del 16% rispetto al 2008, il cui rapporto col Deficit è al 13.6%.
[ad]Le elezioni del 6 maggio non hanno dato vita ad alcun governo politico, tanto che il 17 giugno si tornerà alle urne, a riguardo i sondaggi cambiano di giorno in giorno, segnale che la situazione è sempre più confusa. Al momento non sembra esserci nessuna via d’uscita certa dalla crisi, mentre sui giornali di tutta Europa si rincorrono le più disparate voci sul futuro dello Stato ellenico. Anche il sostegno morale ai cittadini greci sembra venir meno, come dimostrano le parole del direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde, che afferma in un’intervista al Guardian: «bisogna che i greci si aiutino da soli pagando le tasse» e di avere «maggiore simpatia per i bambini africani senza istruzione»
Apertura e sostegno, invece, arrivano da mesi dalla Russia, attraverso la persona del Patriarca di Mosca Kirill I°, capo di quella Chiesa Ortodossa russa che negli ultimi anni è diventata uno dei pilastri del sistema creato da Putin, in cui i sacerdoti svolgono un ruolo sempre più influente. Kirill I°, sfruttando abilmente la situazione in cui versa lo Stato ellenico, è riuscito a consolidare i rapporti con quella che al momento sembra essere la più forte componente sociale della penisola ellenica, la Chiesa Ortodossa Greca che vanta numerose sponde in parlamento nelle file dei partiti conservatori e di estrema destra.
A tal proposito si possono ricordare numerosi episodi nei mesi scorsi, come l’incontro del 26 gennaio con Antonis Samaras, leader del partito greco “Nea Democratia” avvenuto nel monastero San Daniele di Mosca, o la raccolta fondi a sostegno dei “fratelli ortodossi” di Grecia. Si è vista persino una diretta presa di posizione a riguardo nel controverso caso dell’arresto, avvenuto il 24 dicembre scorso a seguito del suo ritorno proprio dalla Russia, e della scarcerazione dell’Abate Efrem del Monte Athos, accusato di sospetta compravendita di terreni a danno dell’erario ellenico, in cui Kirill in persona ha scritto al presidente greco Papoulias per chiederne la liberazione, mentre il metropolita Hilarion, responsabile per gli Affari esteri del Patriarcato russo-ortodosso, aveva parlato di “attacco ostile ai monaci dell’Athos e all’intera Chiesa ortodossa”. Scarcerazione avvenuta poi, dietro cauzione di 300 mila euro, nei primi giorni di aprile.
Proprio tale caso sembra essere al centro di un braccio di ferro tra Mosca e Atene, che riguarda non solo la questioni religiose, ma anche gli interessi di Mosca nella partita a scacchi sui gasdotti Nabucco e South Stream. Che l’arma religiosa possa servire agli interessi del Cremlino non deve apparire strano, viste le relazioni sempre più strette tra il clero e il palazzo. A quanto pare i russi da bravi giocatori stanno giocando bene le loro mosse, dato che attraverso la confessione religiosa stanno forse riuscendo là dove la politica aveva fallito, Papandreu aveva rifiutato l’offerta di Putin di prestare 25 miliardi di dollari all’1% di interesse, preferendo accettare quella dell’FMI e delle banche europee di 148 miliardi 5,2%, oltre alle misure di austerity che rientravano nell’affare. Si aggiunga anche sulla bilancia dei rapporti “diplomatici” la prima visita ufficiale alla Chiesa ortodossa russa di Sua Beatitudine Hieronymos, Arcivescovo di Atene e di tutta l’Ellade tra il 23 e il 30 maggio.
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[ad]La Chiesa greca ha comunque diversi motivi per guardare alla “nuova Roma”, forse perché al momento versa in condizioni economiche difficili, secondo accordi lo Stato paga il salario ai preti, circa 10 mila, che costano circa 190 milioni di euro l’anno, con uno stipendio di circa mille euro al mese, ma il governo in conseguenza degli accordi per il risanamento delle finanze ha previsto di tagliare i fondi per il loro sostentamento; forse perché i tagli si rifletteranno sui bisognosi assistiti, solo ad Atene forniscono 20 mila pasti al giorno; forse perché mancano i fondi per la manutenzione degli edifici oltre ai preti per dire messa, che vengono sostituiti da volontari laici; si può pensare che lo faccia perché la Chiesa è l’azionista di maggioranza della Banca Nazionale greca, con l’1,5% e ha un rappresentante nel consiglio di amministrazione, o perché il suo patrimonio è stimato in circa 700 milioni di euro, o ancora perché è l’ente privato con maggiori possedimenti terrieri, secondo solo al demanio.
Oppure perché fa parte integrante dello Stato stesso, perché i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dalla costituzione, la quale sancisce la predominanza della Chiesa Ortodossa in Grecia, basti pensare che fino al 2001 la confessione religiosa era scritta sulla carta d’identità, o ancora, più semplicemente, perché si sente responsabile verso il suo popolo, oggi come nei secoli passati, così travagliati per il popolo greco, e sta cercando, a differenza di molti altri, una via d’uscita da questa situazione.
di Marco Marchionni