Pagnoncelli a TP: “possiamo sbagliare, non siamo cartomanti. Ma i sondaggi servono”. L’intervista

Pubblicato il 27 Maggio 2009 alle 09:59 Autore: Lorenzo Pregliasco
Nando Pagnoncelli responsabile dei sondaggi Ipsos per Ballarò

[ad]Sempre che i riscontri empirici o le statistiche siano poi accettati da tutti.

«Il venir meno della terzietà dei numeri è molto importante, perché cade il riconoscimento da parte dei diversi interlocutori della terzietà dei numeri da cui partire. Questo riguarda tutto: esiste l’extragettito? C’è un buco di bilancio? Sono aumentati i reati? C’è il buco nell’ozono? Al mio numero c’è sempre qualcuno che contrappone un altro numero, e questo vale anche per i sondaggi. Alla radice cognitiva subentra così una radice affettiva o valoriale: mi fido di quel leader non perché le statistiche dicono che i reati siano diminuiti, mi fido perché dice di pensarla come me, oppure perché si occupa del mio bene, o perché mi rappresenta».

Non possiamo diffondere i dati dei sondaggi. Ma rispetto al passato potrebbe esserci una disaffezione, un calo dell’affluenza o dell’interesse verso le elezioni del 6-7 giugno?

«Ogni anno diciamo che c’è sempre più disaffezione. In realtà ci sono comunque le amministrative, che rappresentano un po’ un sostegno all’affluenza in vista delle europee. Ecco, senza fare nomi la disaffezione può esserci dalle parti di quelle forze politiche che fanno un po’ fatica a ritrovare sé stesse; chiaro che ci sono situazioni che possono produrre un po’ più di disaffezione ma sappiamo che la radicalizzazione dello scontro che può avvenire in presenza di alcuni temi o vicende può comunque portare più affluenza».

Criptico quanto basta. A proposito, che cosa pensa del buio sondaggi che la legge prescrive, in Italia, nei 15 giorni prima di un’elezione?

«È in assoluto la misura più restrittiva che ci sia, insieme a quella vigente in Grecia, e sono completamente favorevole».

Non crede che in questo modo si possano alimentare voci o indiscrezioni ancora più dannose rispetto a un sondaggio presentato in modo trasparente?

«Sì, ma difficilmente arriveranno al singolo elettore. Io penso che alla luce del deterioramento dell’immagine dei sondaggi e all’uso strumentale che viene fatto dei sondaggi sia meglio, in assenza di garanzie, stare tutti zitti per quindici giorni. Ne beneficia l’elettore».

Resta il problema che è difficile per l’opinione pubblica valutare la correttezza di un sondaggio se questo è stato effettuato due o tre settimane prima del voto.

«Me ne rendo conto, però credo che l’immagine che l’opinione pubblica ha dei sondaggi sia peggiorata nel tempo non per il buio sondaggi o perché hanno avuto capacità previsive più ridotte. Ma perché i cittadini sono stanchi di un sondaggio che viene piegato strumentalmente a interessi di parte. Il sondaggio è un grande strumento di democrazia, deve rimanere super partes e deve consentire ai cittadini e ai committenti di capire la realtà sociale. Insisto, il sondaggio non è uno strumento di previsione. Per questo esistono i cartomanti».


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L'autore: Lorenzo Pregliasco