Political Compass CAM2008/EUR2009
Dopo aver analizzato i dati Itanes 2008 su aborto ed intervento statale, si procede con la ricalibrazione per la nuova configurazione partitica a seguito delle Europee2009.
Tra le politiche 2008 – che hanno riportato Silvio Berlusconi alla guida del governo italiano – e le europee 2009 l’intervallo temporale è stato di appena 14 mesi. Addirittura di nove quello con le regionali 2010. Venticinque mesi (poco più di due anni) dunque per tre appuntamenti elettorali di scala e rilevanza nazionale; quasi quaranta mesi invece per il prossimo, che a meno di sorprese, incontreremo con le politiche 2013. Dal prossimo aprile si va dunque ad aprire un arco temporale de-elettoralizzato, e dai toni – lo auspichiamo – meno elettrizzati. La compressione degli appuntamenti con le urne ha infatti senza dubbio esasperato le caratteristiche di questo scenario politico da campagna permanente, che ha spinto una parte di elettori – già esasperati di per sé – a premiare le parti più accese, qualunque esse siano. E a irrigidire invece tutti gli altri sulle proprie posizioni. Una situazione che non ha aiutato il confronto e il dibattito socio-politico-culturale nel Paese, ma ha piuttosto fatto emergere tifoserie (pseudo)ideologiche come accaduto ad esempio, nella prima parte del 2009, proprio tra le politiche e le europee, per il caso Englaro. La conseguenza – e ci aiuta a comprenderla l’indagine Itanes sulle politiche 2008 – è un sostanziale immobilizzo delle parti politiche, e di riflesso degli elettori. Nel post precedente avevamo infatti utilizzato i dati per costruire una versione italiana del political compass che strutturasse sui due assi cartesiani gli orientamenti della popolazione italiana e dei partiti politici nel campo della politica economica e del costume.
In attesa di analizzare i dati 2009 e le relative autocollocazioni, abbiamo questa volta utilizzato i risultati delle europee 2009 per ponderare (e ricalibrare) i dati delle politiche 2008, scindendo, in più, Sinistra Arcobaleno nei due cartelli che si sono presentati lo scorso anno: la Lista Anticapitalista (Prc+Pdci) e Sinistra e Libertà. Il primo possiamo considerarlo quasi l’erede diretto di SA, il secondo – di ispirazione socialista, ma in continua evoluzione – ha raccolto uno spazio politico competitivo lasciato vuoto tra le posizioni più intransigenti di Ferrero e Diliberto e l’assenza dell’appello al voto utile di Veltroni. E così anche nella mappa emerge la sua posizione di metà strada tra i due poli di centro e sinistra. Ma cosa succede invece a tutti gli altri?
Dal confronto possiamo ricavare alcune considerazioni.
1. I due poli principali (Pd e Pdl) risultano praticamente immobili, se non fosse per un leggerissimo spostamento verso l’alto (no all’aborto) e verso sinistra (si all’interventismo in economia). Potrebbero essere dei riflessi della crisi economica che ha accompagnato le europee (e che comunque sta accompagnando le regionali) e delle rivendicazioni permanenti delle posizioni dei partiti sui temi etici, ma i movimenti appaiono così impercettibili che è possiamo tranquillamente sostenere che il blocco solido di Pd e Pdl non si sia modificato. In più restano a distanza di un anno ancora relativamente vicini: la teoria dell’elettore mediano ancora una volta non mostra i segni del tempo.
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2. L’estensione delle bolle (lo ricordiamo, corrispondente ai risultati elettorali) del Pdl e soprattutto del Pd si è naturalmente ridimensionata. Le europee hanno visto uscire soddisfatti soprattutto Lega e Idv, entrambi in crescita, così come le loro bolle. Come diversi studi hanno già illustrato, la crescita di questi due partiti è stata soprattutto a scapito dei due alleati maggiori, che hanno quindi perso la fetta di elettori forse più scontenta dell’immobilismo dei due contenitori, mantenendola comunque all’interno della coalizione.
3. Questa fetta più scontenta non ha solo allargato l’estensione delle bolle di Lega e Idv, ma ha provocato degli spostamenti un po’ più marcati rispetto a Pdl e Pd. Nel caso della Lega verso sinistra e verso l’alto (interventismo e no all’aborto), nel caso dell’Idv solo verso sinistra (interventismo). La crescita del partito di Di Pietro ne ha provocato quindi anche l’allargamento della base elettorale, che in virtù della “vivace” opposizione al governo, ha diretto l’asse verso sinistra. O meglio, verso gli elettori di sinistra.
4. L’unico movimento a spostarsi verso destra lungo l’asse orizzontale è la Lista Anticapitalista erede di SA. Può un movimento che si dichiari (così tanto, da caratterizzarne anche il nome) anticapitalista essere il solo a spostarsi verso il liberismo, nel mezzo di una crisi economica internazionale? Il primo sospetto è che a sinistra del Pd ci sia tanto spazio competitivo per quanto lavoro da fare, in termini di chiarimento tra rappresentanti e rappresentati sulle proposte di società da sottoporre all’elettorato. Il secondo sospetto è che il chiarimento debba avvenire per le due parti non solo tra di loro ma anche con se stesse; entrambe appaiono – e il movimento verso destra nella mappa ne è indiretta conferma – indossare maschere storiche con cui non si trovano più completamente a loro agio, ma allo stesso tempo si dimostrano incapaci di formule che possano veramente dirsi al passo con il terzo millennio.
5. L’Udc. Il partito guidato da Casini ha portato il suo consenso su base nazionale al 6,5%, migliorando il risultato del 2008 di quasi un punto percentuale. Questa crescita è tuttavia determinata da dinamiche territoriali particolari: al nord-est, ad esempio, rappresenta un contraltare naturale della Lega Nord, al nord-ovest un interlocutore anche per gli elettori del Pd, al sud un feudo sulla scia della Democrazia Cristiana che fu. Un partito quindi camaleontico, che sulla mappa potrebbe essere riuscito a intercettare le posizioni più stataliste di una parte del Pd, e quelle più tradizionaliste/istituzionali/conservatrici in area Pdl. Il movimento verso l’alto e verso sinistra comunque ci ricorda che si tratta di un partito ai cui elettori piace la rinuncia ad appiattirsi sulle posizioni “mainstream”, e, in senso lato, che il bipolarismo puro, almeno in Italia, resta un’utopia. Sarà davvero un male?
Il nuovo political compass italiano si presenta dunque così: