Endorsement di Squinzi a Renzi, che difende il rimpasto
“Mi ha convinto se fossi fiorentino voterei per lei”. Un endorsment così fulmineo probabilmente non se l’aspettava neppure Matteo Renzi, che stamani ha calcato il palcoscenico di Firenze Fiera nel talk condotto dal giornalista economico Oscar Giannino.
[ad]Eppure il nuovo presidente nazionale di Confindustria Giorgio Squinzi davanti ai suoi colleghi toscani assisi per la relazione annuale gli ha tributato una dichiarazione di voto che pur essendo in chiave locale va letta nella filigrana del disegno di scalata del sindaco rottamatore verso palazzo Chigi. Del resto pur avendo ammorbidito la sua spavalderia dei tempi del Big Bang – quando ancora aveva gioco facile nel voler superare le categorie di berlusconismo e anti berlusconismo – Renzi è finito per parlare molto di politica nazionale lanciando segnali al Partito Democratico. “Mi agito perché il mio partito è attrezzato in maniera novecentesca. Il mio partito non deve continuare a cambiare il nome per mantenere gli stessi leader. Avessero almeno da dire qualcosa di nuovo”. La meta del rinnovamento letta in questi termini va accompagnata con un progetto di lungo periodo: “Facessimo una proposta per i prossimi 50 anni rischieremmo di scrivere qualcosa di già vecchio. È maturo il tempo, però, perché il Pd costruisca una proposta per i prossimi 10 anni”.
Su quale ruolo si ritaglierà in questo disegno di rinnovamento Renzi da suo fare continua a gigioneggiare: “Io voglio fare il sindaco di Firenze: è un’esperienza mitica e mistica. Godo del lusso delle relazioni personali” ha detto agli industriali salvo inserire nel discorso il riferimento al suo destino nazionale. Dopo aver lanciato le sue proposte il sindaco vuole misurarsi sul terreno congeniale del consenso: “Se alle primarie poi vincerà qualcun altro mi adeguerò. Non credo che ci sia bisogno dell’ennesimo partitino, ma servono due partiti in cui uno vinca e l’altro faccia opposizione in maniera trasparente. Non alla Scilipoti”.
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[ad]Sulla politica locale, però è riesploso il suo stile tranchant. Le dimissioni di Fantoni per lo sfondamento del patto di stabilità? “Io lo chiamo il patto di stupidità, perché con 90 milioni di euro ci permette di spenderne solo 9 a fronte di 50 milioni cantierizzati. Io ci sto a tagliare un altro 10% della spesa corrente, a Firenze abbiamo diminuito il personale di tutte le aziende pubbliche. Eppoi sono stato votato per le primarie e in due turni delle elezioni, i risultati li devo intestare a me stesso per cui se devo cambiare un assessore lo cambio fino all’ultimo giorno del mio mandato. L’idea che il sindaco faccia le giunte coi partiti è finita”. Le Province? “Sono così convinto della loro abolizione da non essermi ricandidato”. Sferzante anche col presidente della Regione Enrico Rossi, assente al dibattito odierno: “Sento che qualcuno apprezza le sue dichiarazioni sul Pit sull’aeroporto di Peretola. Bene, io non l’apprezzo. Discute da due anni, prenda una decisione”.