La primavera del Québec, tra scontro generazionale e indipendentismo
[ad]Neanche a dirlo, l’opinione pubblica anglofona si è scagliata contro i manifestanti. Scrive Maurizio Molinari, su La Stampa, che i maggiori giornali canadesi parlano apertamente di «ricatto». Il «Globe and Mail» di Toronto invita a «non cedere alle intimidazioni» degli studenti, che sono considerati nelle province anglofone dei «viziati» per il fatto di risiedere in regioni dove gli aiuti pubblici alle famiglie sono i più alti dell’intera nazione. «Il problema è che il Quebec si sente più vicino alla Francia che parte integrante del Canada». Argomenti che non fanno che rinsaldare le fila tra i francofoni in un patto intergenerazionale a difesa del proprio stato sociale in una regione dove i francofoni, pur essendo maggioranza, hanno mediamente stipendi più bassi rispetto ai connazionali anglofoni.
Quel che più colpisce è la giovane età dei leader: Nadeau-Dubois, Desjardins, Bureau-Blouin, hanno ventun’anni. E davvero quella che va in scena è più di una manifestazione di protesta. E’ un ricambio di leadership, un travaso di energie politiche. In un paese civile succede così. Magari fra trent’anni toccherà a loro far fronte ad analoghe manifestazioni giovanili. Speriamo che sia così affinché la foglia d’acero della bandiera canadese non abbia a marcire.
di Matteo Zola