La recessione italiana amplifica ed è ben più acuta della crisi globale. Una raffica di numeri è uscita stamane dal Centro Studi di Confindustria presieduto da Luca Paolazzi e dal Censis di Giuseppe De Rita.
[ad]Sulla produzione manifatturiera l’Italia subisce lo smacco del sorpasso nelle quote mondiali da parte di India, Brasile e Corea del Sud, passando così dal quinto all’ottavo posto dal 4,5 al 3,3% nell’ultimo quadriennio. Questa la fotografia scattata dagli studiosi di Confindustria. Nel frattempo giunge un nuovo campanello d’allarme per le partite Iva di tutta l’Italia. I pagamenti da parte della pubblica amministrazione si sono ulteriormente dilatati, dai 129 giorni del 2009 si è passati ai 180 del 2012. In queste condizioni sembra un miraggio la direttiva europea che vorrebbe lo Stato impegnato a pagare creditori e fornitori entro 30 giorni livellandosi a parametri di efficienza del settore privato.
Una realtà ben percepita dalle imprese italiane, ma questo non raffredda l’intenzione degli italiani di dare un contributo al risanamento dello Stato. Significativo il rapporto stilato da Censis in questo senso, secondo il quale più del 50% degli italiani sarebbe favorevole ai vincoli del fiscal compact. Ma proprio l’istituto di De Rita ci ricorda che sono state proprio le politiche pubbliche degli ultimi quarant’anni a non essere state altrettanto responsabili. Così che se nel 1970 il debito pubblico gravava sul Pil per il 33% già venti anni dopo era schizzato di venti punti.
E la comparazione fra i dati del 2000 e quelli del 2010 si intuisce la dispersione dei risparmi realizzati nei primi anni della Seconda Repubblica. Se all’inizio del millennio infatti l’Italia veleggiava su un debito del 107% dieci anni più tardi l’indebitamento complessivo ha toccato quota 117%.