Una consultazione per gli elettori per scegliere il candidato premier. Col Pdl che per la prima volta a livello nazionale inserisce nel suo vocabolario politico il lemma “primarie” il segretario del Pd Bersani può dirsi soddisfatto dello scossone dato all’arco parlamentare. Serviva, dopo mesi di asfissia e di lavoro da gregari per il governo Monti.
[ad]Successe la prima volta nel 2008, quando dall’intuizione di Ds e Margherita, sotto l’egida prodiana nacque un partito riformista dotato di per sé di tante storie da rappresentare una coalizione autosufficiente. Superando per un attimo la controversia sull’efficacia dell’intuizione della vocazione maggioritaria di Veltroni, il ressemblement – molto ostico per la storia repubblicana – faceva irruzione per merito del centrosinistra, costringendo anche il fronte moderato ad adeguarsi dando vita ad un partito unico (il Pdl), oppure a presentarsi in cabina elettorale con una selva di simboli e contrassegni.
Quattro anni dopo il Partito Democratico torna ad esercitare un ascendente modernizzatore con cui anche Alfano e Berlusconi devono misurarsi. Assistere alla consegna di una centralità indiscutibile di selezione della leadership del paese ai cittadini-elettori attivi, però, non va immeritatamente ascritta al bilancio operativo del solo Pd.
Con buona pace di Monti la politica italiana non è vissuta in una serra protetta da novembre ad oggi e le elezioni amministrative con l’esplosione del voto antisistema a beneficio dei grillini è stato indubbiamente il catalizzatore di una rottura. D’altro canto se su scala nazionale Alfano si vede scavalcare nei consensi dal Movimento 5 Stelle, i democrat hanno ricevuto un cartellino giallo verso la politique politicienne dalla sconfitta a Parma dell’idealtipo del politico di professione. Il potenziale manipolativo sulla meccanica partitica da parte di Grillo si è tradotto in un innalzamento della contendibilità della corsa per palazzo Chigi dei due maggiori partiti.