Armenia, Mr. Sargsyan goes to Brussels
[ad]La corruzione pervasiva ed una pubblica amministrazione inefficiente sono stati indicati come “seri ostacoli”, da superare attraverso uno sforzo di trasparenza: sono state citate la pubblicazione dei processi e dei pagamenti degli appalti statali, la trasmissione online delle sedute del governo, una commissione etica sui conflitti d’interesse, e la pubblicazione dei redditi e rendite di 500 alti ufficiali governativi.
Ad una domanda sul perché l’Armenia non possa seguire la stessa strada della Georgia, allievo modello nella lotta alla corruzione, Sargsyan ha replicato che “non sarebbe accettabile per la società armena andare incontro a cambiamenti rivoluzionari, come in Georgia; al contrario, metteremo in atto un cambiamento evolutivo, più sostenibile nel lungo termine”.
Giocare la carta delle costrizioni geopolitiche
Sargsyan ha giocato la carte dell’ambiente geopolitico per spiegare i mancati progressi dell’Armenia. Ha ricordato come la “retorica ostile” e la crescita delle spese militari dell’Azerbaijan indichino un “desiderio esplicito di risolvere con la forza la questione del Nagorno Karabakh”, come il blocco turco della frontiera armena – nonostante l’asserito rispetto armeno dei Protocolli firmati in Svizzera nel 2009 – impedisca la diversificazione dell’economia armena, ed infine come le sanzioni internazionali ed europee contro l’Iran siano una sfida al potenziale armeno di crescita economica. La guerra russo-georgiana del 2008 ha messo in luce, secondo Sargsyan, la vulnerabilità dell’economia armena dovuta alla sovradipendenza da un singolo corridoio di trasporto.
Quale ruolo per l’UE a Yerevan
A differenza dei suoi omologhi in Ucraina, Georgia e Moldova, Sargsyan non ha indicato un esplicito obiettivo di adesione del paese all’UE, nemmeno in un futuro più o meno lontano. La posizione del governo è che i diversi partenariati strategici – con la Russia da una parte, e con UE e Stati Uniti dall’altra – non siano in contraddizione ma piuttosto complementari tra loro. Da una parte, l’Armenia ha firmato nel 2011 a San Pietroburgo un accordo di libero scambio con l’area della Comunità degli Stati Indipendenti; dall’altra, sono in corso i negoziati con l’UE per un accordo di associazione (AA), un accordo di riammissione e liberalizzazione dei visti (RA/VFA) e per un ‘deep and comprehensive free trade agreement’ (DCFTA) che, come per l’Ucraina, permetta l’apertura dei mercati europei alle esportazioni armene.
L’Unione Europea, e il processo di Partenariato Orientale (EaP) che include Yerevan nell’ambito della politica di vicinato (ENP), sono secondo Sargsyan una forza fondamentale per spingere verso la riforma e la trasformazione della società armena. Per quanto riguarda lo sviluppo dei rapporti con gli stati confinanti, il governo armeno vede come unica soluzione la costruzione di relazioni basate su uno stesso sistema di valori, quelli “europei”, riconoscendo come tanto la Turchia quanto l’Armenia abbiano dichiarato di intraprendere il “sentiero europeo verso lo sviluppo”.
Vecchi politici per nuove politiche?
Secondo Sargsyan, i risultati elettorali dimostrano che i cittadini armeni sostengono il governo in carica, pur riconoscendo che un ritardo nelle riforme potrebbe minarne la fiducia. Resta da vedere come una classe politica al potere sin dal 1998 possa essere in grado di mantenere l’impegno a “iniziative coraggiose ed un cambiamento radicale”.
di Davide Denti