Karol Wojtyla, il Papa polacco fu eroe o scandalo della Chiesa?

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Karol Wojtyla è passato alla Storia come il Papa che ha fatto cadere il Muro di Berlino. Sulla sua figura si è rapidamente sviluppata un’agiografia che adombra, anche oggi, molti aspetti controversi del suo pontificato. Si tratterà, per molti lettori, di cose già sentite ma – dicevano gli antichi – repetita iuvant. Specie se si parla di un Papa che da gran parte dell’opinione pubblicaeuropea è considerato alla stregua di un santo o di un eroe. Ed eroe, per la sua Polonia, per certi versi lo è stato: “il nostro vero capo di Stato” dicevano i polacchi negli anni Ottanta.

La Polonia di Solidarność

[ad]Anni bui per la Polonia gli Ottanta, iniziati con lo sciopero ai cantieri navali di Danzica che presto divenne uno sciopero di respiro nazionale tale da costringere le autorità comuniste a concedere l’organizzazione di sindacati autonomi. E così nacque Solidarność, fondato da Lech Wałęsa, i cui destini si incroceranno con quelli di Wojtyla. Dal 1981 però la Polonia è sotto legge marziale, imposta dal generale Wojciech Jaruzelski, anch’egli figura controversa della Storia polacca. Solo nel 1987, con l’organizzazione da parte di  Solidarność di nuovi scioperi, si avvierà un processo di democratizzazione con l’elezione di Tadeusz Mazowiecki, anch’egli figura di spicco di Solidarność, a primo ministro da parte di un parlamento che ancora formalmente reggeva un sistema comunista. Quella di Solidarność fu un’esperienza di enorme spessore che forse sarebbe stata impossibile senza i finanziamenti vaticani.

I soldi del Vaticano, dallo Ior alla Polonia

E da dove venivano i soldi del Vaticano? Ma dallo Ior, naturalmente. Quella sorta di “banca” dedita al riciclaggio guidata allora dal potente vescovo Paul Marcinkus coinvolto nello scandalo del crack del Banco Ambrosiano, per il quale fu raggiunto (nel 1987) da un mandato di cattura evitato solo grazie al passaporto vaticano. Insomma, per far cadere il regime comunista polacco c’era bisogno dei soldi dello Ior e Wojtyla si curò poco della provenienza di quel denaro (Marcinkus fu interrogato anche dall’intelligence americana riguardo a un caso di riciclaggio di denaro e obbligazioni false che partiva dalla mafia newyorkese e approdava in Vaticano). Fu una colpa? Ubi maior minor cessat, e la cosa più importante era la “sua” Polonia. Soldi ben spesi, a vedere il risultato, ma il fine giustifica sempre i mezzi?

Il più grande successo politico di Wojtyla sarebbe dunque il frutto di oscure trame finanziarie che videro tra i protagonisti anche l’Opus Dei e Roberto Calvi, il “banchiere di Dio” trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Il libro “Wojtyla segreto” di Pinotti e Galeazzi (ed. Chiarelettere) riporta una frase di Licio Gelli, gran maestro della Loggia P2, che afferma: “Nel settembre 1980 Calvi mi confidò di essere preoccupato perché doveva pagare una somma di 80 milioni di dollari al movimento Solidarność e aveva solo una settimana per versare il denaro”.

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[ad]Il Papa polacco sapeva o non sapeva degli intrighi della sua corte, il monarca dello Stato di Dio era al corrente dei torbidi che lo circondavano e cosa fece per combatterli? Una verità storica resta da scrivere ma il seme del dubbio occorre piantarlo.

Con l’Opus Dei e con Pinochet

Anche il supporto alla prelatura dell’Opus Dei e la canonizzazione del suo fondatore, Josemaría Escrivá de Balaguer, sono stati visti come legittimazione di ciò che taluni considerano una “setta” ultraconservatrice accusata di aver sostenuto le dittature di destra latinoamericane. E Il Papa polacco, che combattè le dittature dell’est, si fece fotografare affacciato alla finestra del palazzo presidenziale di Santiago del Cile con il generale Augusto Pinochet. Una trappola tesa al pontefice, secondo alcuni. Un segno dell’ultraconservatorismo, politico e dottrinale, del pontefice polacco, secondo altri. Un conservatorismo esplicitato dal rifiuto dell’omosessualità (definita “contro natura”) e dal riconoscimento del ruolo subalterno e strettamente materno della donna. Scrive Hans Kung, teologo tra i più importanti in Europa: “grande ammiratore di Maria, il Wojtyla predica gli ideali femminili, vietando però alle donne la pillola e negando loro l’ordinazione”.

La questione croata, da Stepinac alle guerre jugoslave

Le critiche di Kung, cui nel 1979 fu revocata la missio canonica (ovvero la possibilità di insegnare la religione cattolica) per aver misconosciuto il dogma dell’infallibilità del pontefice, sono tali da farne un moderno eretico: un rinnovatore, come furono Waldo e Lutero, ma senza medievali aspirazioni alla santità. E Kung (ma non fu il solo) criticò la beatificazione del cardinale Alojzije Stepinac, vescovo di Zagabria, colluso col regime fascio-ustascia di Ante Pavelic e imprigionato e lasciato morire dopo la fine della seconda guerra mondiale dal regime comunista di Tito.

Quella croata è un’altra contraddizione del Papa polacco. Poiché se non può stupire (ma nemmeno può esser cancellata) la vicinanza del clero croato al regime ustascia di Ante Pavelic, stranisce il supporto del Vaticano alla causa croata durante le guerre jugoslave d’inizio anni Novanta. Poiché se quello di Wojtyla passa per essere un pontificato ecumenico, allora c’era da attendersi una posizione più moderata nei confronti di quel conflitto in cui erano coinvolti serbi (ortodossi) e bosniaci (musulmani). La posizione del Vaticano, influenzata dai cardinali croati, rispose invece a logiche confessionali e lo stesso Wojtyla parlò delle “legittime aspirazioni” croate che necessitavano del “supporto internazionale”. Poco contavano l’Heliodrom (il campo di concentramento croato più famigerato) e le “legittime aspirazioni” a non farsi trucidare dei musulmani di Bosnia.

Scandalo o eroe? Parola all’eretico

Nel titolo di questo articolo ci siamo chiesti, un po’ provocatoriamente, se Karol Wojtyla fu eroe o scandalo della Chiesa. E “scandalo” in latino significa “inciampo, ostacolo”. Ci siamo cioè chiesti se il papa polacco meriti l’agiografia che lo circonda o se, piuttosto, essa non sia un modo per tacere le contraddizioni che potrebbero aver nociuto alla Chiesa nel suo cammino verso il “mondo”, ovvero verso le persone non solo fedeli. Certo non sta a noi dare una risposta, e in questo breve articolo ci siamo soprattutto concentrati su alcuni aspetti della politica estera di Wojtyla senza affrontare questioni dottrinali. Proviamo allora a far rispondere l’eretico.

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[ad]Hans Kung, nella sua dura requisitoria dal titolo “Wojtyla, il Papa che ha fallito” conclude dicendo: “Per la Chiesa cattolica questo Pontificato si rivela, nonostante i suoi aspetti positivi, una grande speranza delusa, in fin dei conti un disastro, perché Karol Wojtyla, con le sue contraddizioni, ha profondamente polarizzato la Chiesa, allontanando i suoi innumerevoli uomini e gettandoli in una crisi epocale.
Contro tutte le intenzioni del Concilio Vaticano II°, il sistema romano medioevale — un apparato di potere caratterizzato da tratti totalitari — è stato restaurato grazie a una politica personale e dottrinale tanto astuta quanto spietata: i vescovi sono stati uniformati, i padri spirituali sovraccaricati, i teologi dotati di museruola, i laici privati dei diritti, le donne discriminate, le iniziative popolari dei sinodi nazionali e delle chiese ignorati. E poi ancora scandali sessuali, divieti di discussione, dominio liturgico, divieto di predica per i teologi laici, esortazione alla denuncia, impedimento dell’eucarestia. Di tutto questo è forse colpevole «il mondo»?”

Da EastJournal

di Matteo Zola