La Turchia sembra scordarsi di aver recentemente ospitato il Forum internazionale sui diritti delle donne, tenutosi a Istanbul in aprile.
Il paese – o per lo meno il suo governo – sembra infatti muoversi progressivamente verso una società più religiosa, lontana dal laicismo del suo padre fondatore Ataturk, al punto che anche le feste in suo onore sono state fortemente ridimensionate.
Tayyep Recip Erdogan, attuale premier e leader del partito islamico conservatore AKP, ha annunciato un prossimo disegno di legge contro l’aborto, definendo quest’ultimo “un omicidio“. Già in passato Erdogan aveva affermato che “ogni aborto è una Uludere“, riferendosi ad un’azione contro i separatisti curdi che aveva causato per errore la morte di decine di civili.
[ad]Con la nuova legge l’aborto, consentito in Turchia fino alla decima settimana di gravidanza dal 1983, dovrebbe essere permesso entro le prime quattro settimane, dopo le quali, secondo la credenza islamica “nasce la vita”. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe essere completamente bandito. Ayhan Sefer Ustun, presidente della commissione diritti umani del parlamento turco, propone addirittura che la normativa vieti l’aborto anche in caso di stupro, mentre secondo il ministro della salute Recep Akdag dovrebbe essere il governo a prendersi cura delle donne rimaste incinte a seguito di violenze sessuali.
In Turchia come altrove, l’introduzione dell’aborto legale ha ridotto non solo le operazioni clandestine, che mettono in grave pericolo la vita della donna, ma anche quelle legali, anche grazie alla contemporanea diffusione dei metodi contraccettivi. Si pensi che in Italia la 194 (introdotta nel 1978) ha permesso di ridurre del 50% gli aborti dal 1982 ad oggi, nonostante il numero degli obiettori di coscienza sia aumentato negli ultimi anni dal 58.7% (2005) a oltre il 70% .
Malgrado ciò, e sebbene gli aborti in Turchia siano solo 14 ogni mille donne in gravidanza, a fronte di una media europea di 27 ogni mille donne (dati ONU), Erdogan parla di un “piano segreto” per limitare la crescita demografica del paese, che andrebbe di pari passo con quella economica. Il governo punta a toccare gli 80 milioni di abitanti dagli attuali 75, motivo per cui sprona le famiglie ad avere almeno tre figli. L’obiettivo parallelo è di diventare l‘ottava potenza economica mondiale entro il 2023 (oggi al 16° posto), proprio in onore del centenario della creazione della Turchia moderna da parte di Ataturk. Cifre che, tra altri aspetti, spaventano la vecchia Europa in vista di un possibile ingresso della Turchia nell’Unione Europea, poiché il numero gli eletti al parlamento europeo è proporzionale al numero di abitanti, e solo la Germania ne ha più della Turchia.
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[ad]Ieri, nel frattempo, migliaia di persone, soprattutto donne, hanno manifestato a Istanbul contro le proposte del governo e le esternazioni dei suoi rappresentanti (qui alcune foto). Il futuro della controversa normativa – ancora non approdata in parlamento – è incerto. Molti pensano che per l’opposizione sarà difficile impedire che il governo vari la legge, ma le donne sono convinte che sarà molto dura privarle di un loro diritto, garantito per quasi 30 anni, e che anche le donne dei partiti conservatori si opporranno a una legge simile.
Il corpo femminile è un campo di battaglia, si ripete fin troppo spesso. Speriamo che i movimenti turchi per i diritti delle donne siano abbastanza “forti e vibranti”, come li ha definiti AWID, per vincere questa.
di Daniela Piazzalunga